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Zion Williamson fa parlare il campo

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Non deve essere facile a 19 anni essere uno dei cestisti più famosi e pagati della Terra senza aver mai giocato un singolo minuto in NBA. Questa è esattamente la situazione nella quale si trovava nell'estate del 2019 Zion Williamson, il giocatore di basket collegiale intorno al quale si sono create più aspettative dai tempi di Lebron James. Proprio come il 4 volte campione NBA l'ex giocatore di Duke già da teenager era una star a livello nazionale, in quanto già dai tempi dell'high school per molti era l'uomo pronto ad essere il futuro della NBA. Esplosivo, spettacolare, carismatico, un esempio dentro e fuori dal campo: in poche parole un perfetto uomo copertina.


Tra il 2017 ed il 2019 la home di YouTube di qualunque amante di basket era intasata dai video di questo ragazzo nei quali venivano costantemente mostrate le sue gesta, di quanto sembrasse essere troppo avanti rispetto ai suoi pari età sotto ogni punto di vista. Non tanto per quanto riguarda il lato tecnico, nel quale tutt'ora è indietro rispetto a molti, ma a livello fisico e di impatto visivo Zion sembrava essere un alieno rispetto a tutti gli altri, un qualcosa di mai visto prima. Come il ragazzo venuto da Akron una volta approdato in NBA il fallimento era un'opzione non contemplata, per gente come loro il destino non sbaglia o gioca dei brutti scherzi, è nel tuo DNA riuscire ad essere chi è scritto che tu sia.


All'inizio tutto stava procedendo per il verso giusto: prima scelta assoluta al Draft dei New Orleans Pelicans, una preseason impressionante e tutti gli occhi puntati su di lui per un talento definitivamente pronto ad affermarsi, almeno questo era quello che tutti credevano. Zion poco prima dell'inizio della regular season è costretto ad operarsi a causa di una lacerazione al menisco e in tempo record, senza aver mai messo ufficialmente piede in un parquet NBA, molti parlano già di un giocatore finito, con un fisico che lo porterà ad essere sempre infortunato. Incredibile quanto questo ragazzo sia in grado di catalizzare l'attenzione verso di lui, dopo una preseason incredibile a causa di un infortunio le cose fatte vedere in precedenza sembrano essere sparite. Questo purtroppo è la croce perpetua di chi ha il compito e il dovere di diventare qualcuno.

Dopo essere stato fermo per ben 3 mesi, il 22 gennaio 2020 fa il suo debutto ufficiale in NBA contro i San Antonio Spurs e dopo un inizio di partita zoppicante e pieno di incertezze nel solo ultimo quarto mette a referto 17 punti e mostra al mondo intero il suo arsenale offensivo: potenza sotto canestro strabiliante, capacità di dominare nel pitturato, visione di gioco non indifferente per uno di quella stazza. Nel corso della stagione (stoppata poi causa COVID-19) prende piano piano fiducia e nonostante le sole 24 partite giocate riesce comunque ad essere inserito nel primo quintetto matricole dell'anno, arrivando terzo nella corsa a Rookie of the Year con 22.5 punti, 6.3 rimbalzi e 2.2 assist di media.


Intorno a lui però ancora aleggiavano moltissimi dubbi, 24 partite non erano assolutamente sufficienti per giudicare un giocatore e i suoi detrattori in questa stagione lo stavano aspettando al varco, pronti di fronte alla prima difficoltà a tornare più forti di prima. Zion però una volta terminata la scorsa annata sportiva ha lavorato instancabilmente per presentarsi a dicembre nella migliore forma possibile e per ora il campo sta dando ragione a lui.


In questa prima parte di stagione sembra essere molto più fluido nei movimenti rispetto alla scorsa, il ball handing è notevolmente migliorato e sta tirando con delle percentuali incredibili, questo anche grazie al fatto che predilige il gioco all'interno del pitturato e lo rende uno dei giocatori più efficienti dell'intera lega. Sotto questo punto di vista la gara che forse meglio rappresenta Zion è quella del gennaio scorso contro gli Utah Jazz, nella quale ha messo a referto 32 punti tirando con il 73% dal campo. Inoltre a livello fisico sembra già essere una spanna sopra rispetto alla quasi totalità della lega, il che lo rende capace di canestri unici. Per non parlare dei numerosi record già abbattuti, infatti oltre ad essere primo nella NBA per punti nella restricted area, è riuscito a raggiungere i 1000 punti in carriera prima di Michael Jordan e Lebron James.

Il suo gioco però, come logico aspettarsi da un ventunenne al suo secondo anno in NBA, presenta anche delle grandi lacune, specialmente in fase difensiva. Nella propria metà campo Zion ha evidenziato come almeno per ora possieda poco senso dello spazio e della posizione, ha dimostrato in molte occasioni di essere ingenuo, di non essere ancora in grado di leggere i taglia-fuori. Lacune che per un lungo così acerbo sono all'ordine del giorno, ma la voglia di lavorare che contraddistingue Zion sta dando già i primi frutti ed entro la fine della regular season potremo assistere a dei sensibili miglioramenti. Questa fiducia nei suoi confronti deriva da ciò che ha già ampiamente mostrato nella metà campo offensiva: fisico, potenza e velocità con i piedi.


Ciò che ha dimostrato fino ad ora Zion Williamson va ben oltre il semplice aspetto del basket giocato: con una pressione del genere ed un inizio di carriera caratterizzato da infortuni altri avrebbero già mollato la presa. Ora che sta riuscendo ad essere quello che tutti volevano la presa mediatica su di lui sembra essere nettamente calata per quanto riguarda le prestazioni, come se le uniche cose che facciano veramente notizia siano la sua distruzione ed il suo fallimento. Ora molti però, dovendo trovare terreno fertile per le loro critiche, lo accusano di giocare un basket "vecchio", non al passo con i tempi.


In un gioco che si è ormai spostato sempre più verso il tiro da 3 punti, quintetti piccoli ed un minor gioco sotto canestro, il fatto che Zion sia così dominante giocando un basket lontano da quello attuale fa storcere il naso a molti, pronti però ad osannare prestazioni di gran lunga inferiori rispetto a quelle dell'ex Duke, un carrarmato in mezzo ad una fanteria.

Per alcuni da prossimo volto della NBA Zion si è trasformato in una sorta di incubo, lo spettro di un ritorno ad un basket che per alcuni non esiste più, come se la pallacanestro fosse un qualcosa di monodimensionale e così facilmente catalogabile. Sicuramente avrà bisogno di allargare il proprio range di tiro il prima possibile per non diventare in futuro un giocatore limitato e prevedibile, ma non ha neanche bisogno di andare alla spasmodica ricerca di uno stile di gioco lontano dalle sue caratteristiche tecniche e fisiche, i due aspetti che lo stanno rendendo una chimera per il basket di oggi.

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