La Virtus Bologna ha vinto il campionato italiano di basket superando l'Olimpia Milano con un fantastico 4-0 nella serie finale dei playoff. Il tricolore è arrivato vent'anni dopo l'ultimo successo, targato - guarda caso - da Ettore Messina. L'ex coach della Bologna di Ginobili invece si deve leccare le ferite per una formazione, quella milanese, che è apparsa sgonfia, fuori condizione e con le idee davvero poco chiare.
Cinque sono state le chiavi di volta di una stagione, quella di Bologna, che ha rischiato di cadere per ben due volte. Ma è anche il successo che Zanetti e Baraldi pensavano di raggiungere già un anno fa, quando la pandemia costrinse la Lega a sospendere il campionato e rinviare tutto all'anno successivo. Con la conferma in blocco della squadra e l'aggiunta di Marco Belinelli, le V Nere hanno fatto il salto di qualità decisivo.
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Lo scudetto di Djordjevic. Il 7 dicembre 2020 la Virtus Bologna aveva esonerato Sasha Djordjevic a seguito di una serie di partite negative. Una scelta che era stata ritirata nel giro di poche ore, vuoi per la mancanza di alternative (venne sentito Obradovic, ma troppo voleva) e vuoi per il mal di pancia della flotta serba (Teodosic - Markovic) che - pare - avesse minacciato di andarsene. E così Djordjevic rimane, giocando un campionato ed una Eurocup tra alti e bassi, con diverse cadute rovinose, una tra le quali quella per certi versi inaspettata di Kazan.
La sua bravura è stata quella di focalizzare sempre l'attenzione della squadra sull'obiettivo. Anche i playoff non sono stati semplici. Dalla gara monstre che Treviso aveva messo in piedi in gara 3 dei quarti ai continui botta e risposta con Brindisi, la Virtus ha navigato in acque davvero difficoltose. In finale ha deciso di badare poco al sodo, optando per scelte drastiche di roster, affidandosi spesso ai giocatori più caldi, anche a rischio di perderli per falli. Ha avuto risposte confortanti da tutti. Probabilmente, nonostante la vittoria, non verrà confermato. Ma ha dato una lezione di basket a tutto il movimento italiano, con poca fiducia da parte della società ma con un altissimo supporto da parte dei suoi giocatori.
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Il triumvirato Be-Ma-Te.
Nel momento in cui Djordjevic è stato esonerato, ci sono stati tre giocatori che hanno deciso di compattarsi e di compattare il resto della squadra. Erano gli unici che per carisma, talento, vittorie ed esperienza potevano farlo. Ed erano gli unici legati da un filo, come se rappresentassero l'Elite della Virtus. Belinelli, Markovic e Teodosic hanno creato un accorto secondo il quale qualsiasi cosa sarebbe accaduta, loro avrebbero dovuto trascinare Bologna ad un successo di vero prestigio.
Saltata l'opportunità di vincere l'Eurocup (e quindi salire in Eurolega) rimaneva solo il campionato. E con Milano che faceva la voce grossa un po' ovunque, raggiungendo persino le Final Four della massima competizione europea, Bologna doveva giocarsi le sue chance per riuscire a superare un enorme ostacolo. La finale ha dato spunti da tutti: Markovic ha dimostrato di essersi finalmente messo alle spalle il Covid ed ha infilato i canestri giusti al momento giusto; Belinelli ha avuto un ruolo più defilato ma ugualmente decisivo, a tal punto che alcune giocate hanno rappresentato spesso il punto di volta delle sfide con l'Olimpia; Teodosic ha fatto il maestro, dispensato tiri dal nulla, assist che solo lui poteva inventare, giocate da vero campione. Si è fatto un po' beccare dagli arbitri, ma alla fine è risultato sempre tra i migliori.
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Il ritorno di Kyle Weems.
Problemi di salute, problemi fisici, problemi in famiglia. E' tornato ad allenarsi seriamente in19 maggio, lasciando alle spalle le noie muscolari. In tanti stavano attendendo che l'ala virtussina potesse tornare lo straordinario giocatore che era fino ad un anno e mezzo fa. Tanta attesa è stata ripagata con gli interessi e con molta freddezza. Bravo Djordjevic a scoccarlo come una freccia per ammazzare Milano.
Sì, perché la serie finale l'ha ammazzata Weems. In garatre, decisiva per l'Olimpia per cercare di rimanere aggrappati alla speranza, Kyle mette sul piatto 23 punti e 10 rimbalzi, con momenti di implacabilità assoluta nei confronti di Leday e Datome. Si ripete anche in gara 4, dando un apporto considerevole a rimontare gli avversari e garantire lo scudetto. Un ritorno di fuoco che è servito.
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Le ali della verità.
Del roster virtussino fanno parte, a pieno titolo, due giocatori sui quali nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo che potessero vincere il titolo. Almeno non da protagonisti. A partire da quel Amar Alibegovic che sembrava giunto a Bologna per sventolare asciugamani, tanta era la concorrenza dentro l'area e tanto alta la competizione per un ragazzo che sì, aveva fatto bene a Roma, ma in un contesto da medio-bassa classifica. E invece l'italo-bosniaco ha urlato tutta la sua voglia di vittoria in tutta la serie di playoff, con una esplosione da antologia di giocate e di potenza tra gara 3 e gara 4 con Milano.
Pippo Ricci invece non doveva neanche essere qui. Glielo hanno detto da sempre che non sarebbe stato in grado neppure di giocare in serie A. Figuriamoci vincere una scudetto. Figuriamoci vincerlo capendo che se gli altri attaccano, allora lui può essere un fattore in difesa. E così in gara 4, quando Milano sembrava essere in controllo si è trovata a sbattere più volte sul corpo dell'ala della nazionale italiana. Solidità è una parola bella ed efficace, Ricci l'ha donata tutta alla causa della Virtus.
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L'esplosione di Pajola.
Può un ragazzo di 21 anni essere investito dal delirio di onnipotenza? Certamente sì. Alessandro Pajola ha avuto una crescita rapidissima quest'anno dopo aver mostrato qualcosa di interessante nel 2020. In pochi mesi è passato dall'essere semplicemente quello che difende bene e che occorre per far rifiatare la coppia di guardie serbe all'essere un protagonista incontrastato che Djordjevic ha preferito persino ai suoi pupilli Markovic e Teodosic in momenti caldi delle sfide con Milano.
Difesa, triple, personalità, capacità di trovare sempre la giocata giusta, pulizia nei movimenti e nelle scelte. Non sembra neanche avere 21 anni, ma 30. E' già arrivato ad un punto dove a breve c'è la sommità della montagna. Quella sommità la potrà raggiungere con l'esperienza e con i successi. Intanto si mette in bacheca uno scudetto e lo scalpo del Chacho Rodriguez. Vedremo al PreOlimpico come se la caverà proprio contro i maestri Teodosic e Markovic.
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