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Il basket dei campioni non c'è più

Immagine del redattore: Simone SpadaSimone Spada

"Mi sono rotto le palle di perdere" è una frase - ritornello che l'Italia di basket si porta dietro dal 2015. A pronunciarla fu Danilo Gallinari, asso di cuori di una pattuglia italiana corposa di giocatori in NBA. Nel frattempo sono passati Europei e Mondiali e Olimpiadi (a cui non abbiamo partecipato). E sono passate le tante parole sulla "nazionale più forte di sempre", quella che avrebbe dovuto regalarci successi su successi, e invece ha spesso deluso.

Oggi quella nazionale non esiste più. A breve ci sarà il torneo pre-Olimpico per l'accesso a Tokyo, gli azzurri saranno impegnati a Belgrado contro il Porto Rico e il Senegal. Dovessero passare per prime, avranno sicuramente a che fare con la Serbia padrona di casa e favorita d'obbligo. In quel contesto non ci saranno i campioni sui quali abbiamo tanto sognato: Bargnani si è ritirato quattro anni fa, Hackett ha detto addio alla nazionale, Belinelli e Datome hanno dato forfait per problemi fisici, Gentile si è dovuto fermare per i postumi del Covid e Gallinari sta giocando i playoff NBA e dunque non arriverebbe in tempo (e in condizione) per dare una mano all'Italia.


Così, 7 anni dopo la nazionale si ritrova a non aver vinto nulla con quelli che erano la massima espressione del proprio basket e nel contempo ad iniziare un rinnovamento d'intenti. Fuori tempo massimo. Sì, perché il contratto di Meo Sacchetti è in scadenza a settembre e a prescindere da come andrà, non verrà rinnovato. Il presidente Petrucci ha altre idee in testa: dal ritorno (l'ennesimo) di Messina - che però ha smentito - alla carta De Raffaele, che tanto bene ha fatto a Venezia. Sino alla promozione di Molin o alla scommessa Vitucci.

Eppure questa Italia tanto male non è. Ha talento, capacità, sfacciataggine. Manca di esperienza, però. In diversi stanno andando all'estero per veder ripagata la propria fatica, ché in Italia o giochi in una squadra di medio livello o sparisci dentro il roster di Milano. C'è chi si salva, ovviamente. Si pensi a Stefano Tonut, faro dell'Umana Venezia da due anni ma mai tenuto in considerazione nel giro azzurro: improvvisamente si trova davanti una prateria per essere il leader della squadra. Ed ha tutte le caratteristiche per giocarsela a livello internazionale, come le ha sicuramente Nicolò Melli che dalla delusione NBA torna in Europa più carico che mai per esser decisivo, a 30 anni, come non lo sarebbe mai potuto essere in precedenza.


Tutto attorno una serie di giocatori solidi e giovani, vogliosi di dimostrare qualcosa: da Spissu a Candi, da Gaspardo ad Akele, da Polonara a Mannion, da Caruso a Bortolani. A cui si aggiungeranno, per forza di cose, molti dei protagonisti della finale scudetto conclusasi una settimana fa, utili a dare maggiore forma e sostanza ad una nazionale che vuole scrollarsi di dosso quella aura di sconfitta che si porta dietro da fin troppo tempo.

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