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Una vita da gregario, il Giro capolavoro di Damiano Caruso

Immagine del redattore: Tellurio MatteoTellurio Matteo

Aggiornamento: 3 giu 2021

Per chi non conosce il mondo del ciclismo spiegare il ruolo del gregario è un'impresa molto complicata. Negli altri sport ci sono pochissimi esempi di dedizione e sacrificio per la squadra che possono essere comparati a questa figura, la quale da sola spiega l'immensa cultura della fatica che caratterizza l'intera idea di ciclismo.


In onore di uno dei migliori gregari degli ultimi 15 anni voglio prendere in prestito una delle canzoni più famose di Ligabue e dedicarla al secondo classificato del Giro d'Italia 2021, uno che ha sofferto per gli altri per un'intera carriera e si è ritrovato per caso campione. A conclusione di un Giro tremendamente umano non possiamo non celebrare la vita da gregario dello straordinario Damiano Caruso.

Damiano Caruso ha fatto della dedizione ai suoi capitani il suo marchio di fabbrica. Da giovane ha sempre avuto un'ottima gamba in salita ma gli è spesso mancato quel qualcosa in più che distingue l'ottimo ciclista dal campione. È in questa fase della sua carriera che Caruso decide di rinunciare alle ambizioni di capitano e reinventarsi come gregario al servizio degli altri.


Questa decisione apparentemente banale non è cosa da poco, solo chi ha una completa consapevolezza di sé può prendere strade come questa. Caruso probabilmente aveva capito che come capitano non avrebbe trovato grosso spazio mentre poteva ancora dimostrarsi un prezioso compagno di squadra, e così è stato.


Viste le sue caratteristiche da passista-scalatore è stato a lungo l'ultimo uomo di tanti campionissimi, a partire da Ivan Basso alla Liquigas fino a Richie Porte in BMC, il ruolo più complicato e meno remunerato di tutto il plotone. I gregari come Caruso sono corridori fondamentali per ogni capitano, gente come Vasil Kiryienka o Geraint Thomas (che grazie a dio un Tour de France se lo è portato a casa) sono ciclisti che contribuiscono in maniera determinante alle vittorie dei corridori di classifica, dettano loro il passo in salita, fanno selezione e lanciano verso la cima i propri capitani.


Proprio il particolare Giro d'Italia di quest'anno, vinto da uno straordinario Egan Bernal ma con il fondamentale aiuto di un monumentale Daniel Martinez, si è trasformato nel palcoscenico migliore per il coronamento della carriera di un fantastico gregario come Damiano Caruso, per la prima volta sul podio di un grande giro.

La corsa 2021 era iniziata in maniera disastrosa per la Bahrein Merida, costretta a salutare il capitano Mikel Landa a causa di una brutta caduta. Non avendo più il corridore di classifica, la Bahrein si è ritrovata a dover ripensare il Giro d'accapo, affidando tutte le speranze di una vittoria o di un piazzamento a Damiano Caruso.


Dopo le prime due settimane passate senza grandi colpi ma con regolari piazzamenti insieme agli uomini di classifica, Caruso si è ritrovato la terza settimana nelle posizioni nobili del Giro, rimanendo sempre incollato a Bernal e con una sola vera giornata no nella quale è comunque riuscito a rimediare i danni. Ed infine è arrivato il capolavoro della tappa dell'Alpe Motta, l'attacco in discesa dopo il Passo dello Spluga insieme al prezioso Pello Bilbao (a proposito di gregari) e poi l'ascesa vincente fino al traguardo, staccando Bardet e tagliando il traguardo davanti a Bernal, certificando così il secondo posto nella generale.

È per gesti come quello di Caruso sull'Alpe Motta o per l'incitamento di Daniel Martinez alla sua maglia rosa in crisi che amiamo questo sport. Uno sport di fatica dove spesso chi da l'anima per i propri compagni di squadra finisce dimenticato dal pubblico ma dove possiamo ancora assistere a storie come quella del grande Damiano Caruso, una vita da gregario finito sul secondo gradino del podio al Giro d'Italia 2021.

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