Prassi comune nel mondo del calcio è quella di paragonare giocatori del passato con quelli attuali, nella speranza di poter rivedere in questi nuovi talenti alcune gesta degli uomini che tanto hanno fatto amare questo sport. Questo tipo di dinamica però porta con se numerosi problemi, 2 in particolare. Il primo quello di non permettere ad un giocatore di potersi formare e affermare nel modo che meglio crede, il secondo quello di caricare di una pressione eccessiva quelli che ancora spesso sono dei teenager, ancora troppo fragili in certi aspetti del loro lato emotivo.
Esempio che calza a pennello con la descrizione appena data è quello di un ragazzo che in patria venne additato fin da giovanissimo come il "nuovo Zidane" (e già fa ridere così), mentre una volta arrivato a Milano (sponda rossonera), fu presentato come l'erede di Kakà, in un periodo nel quale il nativo di Gama con la palla al piede faceva delle cose impensabili per il 99% dei giocatori in circolazione. A questo aggiungete il fatto che il giocatore in questione non fosse neanche troppo dedito al sacrificio, introverso, e spesso fuori causa infortunio. Identikit completo, date il benvenuto a Yoann Gorcuff.
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Caricato di un peso e di una nomea leggermente ingombranti, il talentino francese fece vedere già in patria delle buonissime cose. Certi paragoni vengono sì fatti spesso in modo eccessivamente ottimista, ma qualcosa devi pur dimostrare se qualcuno guardandoti giocare ti paragona a "Zizou". Debuttò in Ligue 1 con la maglia del Rennes e in 3 stagioni mostrò di possedere tutto ciò che serviva per essere un ottimo trequartista, un perfetto playmaker che si librava in mezzo al campo e che ricordava l'attuale allenatore del Real Madrid soprattutto quando eseguiva la veronica. Tecnico e capace di grandi passaggi, le partite nelle quali era coinvolto erano un continuo accendersi e spegnersi, nel giro di 30 secondi passava tranquillamente dall'essere un ectoplasma che vagava per lo stadio a decidere la partita, un big bang dormiente.
Questo aspetto però rappresenterà anche la sua più grande maledizione, possedere un carattere non consono al talento che ti è stato donato è un qualcosa che è accaduto troppo spesso nel mondo del calcio per non essere deciso a tavolino da un'entità superiore, anche se lui ha sempre cercato di essere il più efficace possibile, perfino nell'esecuzione di giocate che all'apparenza potessero sembrare solamente delle prove di stile. Come detto da lui stesso riguardo all'esecuzione della veronica, "Lo scopo è l'efficacia, non lo faccio solo per la bellezza del gesto".
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Con questo bel biglietto da visita a soli 22 anni diventa un giocatore del Milan, con Cesare Maldini che rassicurò personalmente i dirigenti rossoneri riguardo al talento del ragazzo. Beneficiò inizialmente della presenza di numerosi veterani all'interno della rosa, riuscendo ad ottenere anche la convocazione con la nazionale transalpina. Tutto questo però non bastò, in un Milan che strabordava talento in ogni reparto uno come Yoann era quasi destino che fallisse. Purtroppo troppo timido per potersi imporre e non risentire dal punto di vista psicologico della concorrenza presente a Milanello in quegli anni e non capace di rialzarsi dopo una batosta. Ancora troppo acerbo per un palcoscenico così grande, iniziò anche ad arrivare tardi agli allenamenti e a non dare più il 100%.
Un comportamento di questo genere è ciò che fa da spartiacque tra chi di questo sport ha fatto la storia e chi invece ne sarà solo uno spettatore. L'aver ottenuto un talento del genere da solo non basta, non può essere considerato come una corsia preferenziale permanente, alcuni dei più grandi sono stati maniacali anche dal punto di vista fisico e mentale, consci del fatto che Madre Natura non basta. Chiedete al numero 7 di Madeira, esempio di tutto questo. A Milano rimane per 2 stagioni senza lasciare assolutamente il segno, riuscendo comunque a portarsi a casa una Champions League senza neanche essere tra i convocati per la finale contro il Liverpool.
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Il suo periodo d'oro (ed ultimo del quale vale la pena parlare) è quello successivo all'esperienza italiana, infatti tornato in Francia veste la maglia del Bordeaux, nel quale mostra sicuramente una maggiore adattabilità al campionato e una ritrovata voglia. Componente fondamentale del gioco dei "girondini", riportò il titolo dopo 10 anni, venne eletto miglior giocatore del campionato e fu anche autore di uno degli assoli più belli di sempre, una perfetta rappresentazione di estetica unita alla letalità in data 11 gennaio 2009. Tutto questo ad appena 22 anni.
Da qui in poi però per Yoann niente ha più senso, oltre ad un carattere particolarmente difficile, appena approdato al Lione all'inizio del 2010 fu anche tormentato dagli infortuni, che posero una pietra tombale sulla propria carriera, conclusasi la scorsa stagione ma che ormai poteva essere descritta come il classico esempio del "tirare a campare". Mentre altri videro il loro sogno spezzato per mano di cause esogene, Gourcuff è stato il più grande nemico di se stesso.
Il ragazzo (ormai diventato uomo), può essere perfettamente rappresentato da 2 frasi: la prima è quella di un suo ex allenatore, Carlo Ancelotti, e che racconta benissimo cosa non andasse in lui, "un ragazzo strano, molto strano, egocentrico: pensava sopratutto a se stesso, aveva potenzialità pazzesche, però le teneva tutte per sé". Mentre l'altra, scritta a tutta pagina nel giornale "Libèration" recitava:
«Un utopista con le idee chiare, seguace di un gioco soave e collettivo mentre tutto intorno a lui è violenza e aggressività»
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