"Allora sulla piana di Anfauglith il quarto giorno della guerra ebbe inizio la Nirnaeth Arnoediad, la battaglia delle Innumerevoli Lacrime, poiché né canto né racconto basta a riferire tutte le sofferenze che costò." — La Nirnaeth Arnoediad, Il Silmarillion
Eppure, dovremmo parlare di calcio. Sederci intorno a un tavolino, ritrovarci come ormai è successo per ben sei volte, a operare quel rito. Mi riferisco ovviamente a quell’insignificante insieme di azioni e orari - e ovviamente ANCHE un bar, o una casa che sappiamo amica - che compongono la vostra giornata tipo in giornate come Italia VS:
· Turchia (3-0)
· Svizzera (3-0)
· Galles (1-0)
· Austria (2-1)
· Belgio (2-1)
· Spagna (4-2 / 1-1 d.t.s.)
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Insignificante fino a un certo punto: spostare un piccolo ingranaggio, per molti scaramantici, è follia.
- Non è vero, ma ci credo - diceva Peppino de Filippo. È pure vero che potremmo parlare di riti e tradizioni all’italiana e stilare la Top 10 Posti per vedere la finale.
Ad ogni buon modo e qualunque siano le aspettative di ognuno di noi, non succederà niente di tutto questo, perché l’attesa della finale di questo Europeo farà tutto al posto nostro.
Italia-Inghilterra non è il nome che nessuno di noi, immaginando il futuro, avrebbe dato a questa partita. C’è la storia di Mancini e Vialli e di quella finale di Champions uccisa da un missile di Rambo Koeman, se la sono vista morire tra le braccia come la figlia di Joel in The last of Us.
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C’è la storia dell’Inghilterra e di quel “It’s coming home” che riecheggia in tutti gli stadi in cui i Tre Leoni giocano.
Tra l’altro, le varie emittenti televisive non sono riuscite a far rendere il coro al meglio negli stadi, ma la canzone in sé, del 1985, trasmette alla perfezione la malinconia britannica nel trasformarsi, in un secolo, in madre, padrona e schiava dello sport più bello del mondo.
L’Inghilterra non solleva un trofeo per rappresentative nazionali da TALMENTE TANTO TEMPO che la versione appena ascoltata è stata RISCRITTA per adattare un passaggio che diceva, prima:
“thirty years of hurt” / “trent’anni di dolore” (dall’ultimo trofeo, il mondiale casalingo del ’55)
Per dire, poi:
“fifty years of hurt” / “cinquant’anni di-“ (quanto devi essere meravigliosamente sfigato per trovarti nella condizione di doverlo aggiornare?, ndr.)
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Per gli azzurri, un’immensa imitazione di Bruno Pizzul, da parte di Pintus, e della sua storica arte nel gufare la nazionale, nello specifico prima del pareggio di Wiltord allo scadere che ci farà perdere un europeo in finale con la Francia: partite pure da 1:58 se non avete tempo da perdere per capire ciò che intendo.
Poi ci sono le scenografie da incubo dipinte per questo showdown. A Wembley contro l’Inghilterra o a Wembley se sei inglese rappresentano due abissi ben diversi, uno per noi…uno per loro.
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Troppi gli intrecci, troppo pesanti i sogni di rivalsa di entrambe le squadre che si studiano da un piatto all’altro della dorata bilancia del Fato. Cavalcando l’onda delle citazioni stucchevoli la diciamo con le parole dell’utente di cinema porno che, dopo dieci minuti di dialoghi, esprime ad alta voce tutta la sua insoddisfazione: “Troppa trama!”.
Non ci sarà consolazione negli sconfitti, né riparo per le loro coscienze. Chi perde non tornerà mai indietro e i fantasmi braccheranno i suoi sogni. Verserà Innumerevoli Lacrime, come quelle che, nell’immaginazione di Tolkien, portarono gli Dèi a maledire Uomini, Elfi e tutte le creature che si scannarono come animali da stalla nel mondo che avevano creato per loro.
“Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l'eco del vostro lamento varcherà le montagne.”
Sì, la nostra razza è condannata alla sofferenza, ma per fortuna si sono dimenticati Wembley da questa parte.
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