"Abbracciami, abbracciami Fabio" così lo Zio chiude la telecronaca di ieri sera. Da qui in poi vale di tutto, di corsa a stritolare l'amico più vicino mandando giù insieme la bevanda che ci ha fatto compagnia durante la lotteria dei rigori, rigorosa attesa piena di sfottò diplomatici perché chiaramente ieri sera "football is coming home" (si ma quella vera) mentre i futuri baronetti salgono a godersi il secondo posto e poi l'ennesimo urlo liberatorio quando Re Giorgio (il nostro) alza il trofeo al cielo.
Spiegare cosa significa per noi vincere questo trofeo ad un marziano che è appena atterrato sulla Terra è praticamente impossibile. Chi mai saprebbe giustificare 5 ore filate di delirio collettivo in ogni singola piazza del Paese solo perché abbiamo vinto una partita? Proprio perché irrazionale, proprio perché inspiegabile, per tutto questo noi amiamo il calcio, un fenomeno sociale tanto paradossale quanto fondamentale nella vita di ogni appassionato.
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Ed è così che si arriva a carovane di gente sul retro di un furgone a sventolare un tricolore in nome di tutto ciò che questa vittoria significa. Perché vincere l'Europeo non è solo vincere una finale e portarsi a casa il titolo. Vincere significa riassaporare una gioia che manca da tanto e come i migliori copioni mai scritti lo si fa soffrendo e nei momenti più difficili, perché così poi è tutto più bello.
L'11 luglio del 1982 (sembra quasi uno scherzo del destino) alziamo la coppa del mondo da sfavoriti, guidati da un giocatore straordinario che neanche giocava fino a qualche mese prima mentre in strada la gente festeggia senza paura del terrorismo. Il 9 luglio 2006 Fabio Grosso segna un rigore che pesa come la penna di Badoglio quando firmò l'Armistizio con gli Alleati e vinciamo, vinciamo di nuovo, contro calciopoli e contro Zidane. Infine è di nuovo 11 luglio. La situazione è quella che è, 18 mesi di restrizioni, mascherine, pandemia, scene di guerra e quando non c'è luce in fondo al tunnel qualcuno la riaccende.
Grazie Mancio, grazie Giorgio, grazie Gigio ma grazie tutti, dal primo all'ultimo. Se ieri abbiamo potuto festeggiare è solo grazie a voi e l'Italia ringrazia.
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Della partita sinceramente non ha neanche senso parlarne. La raffigurazione sportiva di una tragedia greca con la voce di Tom Meighan che urla che saremo per tutta la partita gli "Underdog". Entriamo nella tana dei Leoni, prendiamo uno schiaffo subito e poi ne usciamo ridendo con i tre scalpi e una coppa. Il principe è triste ma Mattarella ride, e va bene così.
Spiegare come il calcio possa farci vivere tutte queste emozioni è impossibile e non potete capirlo se ieri al rigore parato da Gigio non vi sono passati davanti tutti i mesi di sofferenza, rinuncia e tristezza passati nell'ultimo anno. Il calcio serve a questo, a farci vivere emozioni o più semplicemente a farci vivere.
"Grazie Signore che ci hai dato il Calcio" F. Caressa, Wembley 11 Luglio 2021.
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