Se dovessi mettere in una fantomatica classifica i momenti del campionato italiano degli ultimi 15 anni che mi sono rimasti più impressi nella mente, il gol al Napoli di Alexandre Pato al suo esordio in Serie A a soli 18 anni, si troverebbe sicuramente in top 3. Ma non solo quello specifico momento, in quella partita il "Papero" si è mostrato in tutto il suo talento, nonostante qualche errore di troppo dato dalla giovane età. Tecnica, potenza, agilità, dribbling, palla incollata al piede e la sensazione che provi poche volte in vita tua da spettatore ma che riconosci subito, quella che ti fa dire "Lui ha qualcosa in più". Il controllo fatto in occasione della rete contro i partenopei non era nelle corde del 95% dei giocatori in circolazione a quei tempi, e parlarne ora, 12 anni dopo, e osservare come si è evoluta la carriera del numero 7 rossonero da quel momento in poi, è un rammarico per tutto il mondo del calcio.
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Arrivato a Milano ancora minorenne dall'Internacional, una squadra delle grandi promesse verde-oro, Paulo Roberto Falcao (quindi non l'ultimo arrivato) disse che già a 16 anni mostrava un controllo del gioco incredibile, doveva imparare quasi tutto ma allo stesso tempo già riusciva a fare e capire la maggior parte delle cose. Venne acquistato ufficialmente dai diavoli il 2 agosto 2007 per 22 milioni di euro (cifra più alta di sempre ai tempi per un minorenne), ma a causa delle norme FIFA riguardanti i trasferimenti internazionali dei minorenni, dovette aspettare la sessione invernale di mercato per essere tesserato. Ed eccoci al momento narrato prima, il 13 gennaio 2008 esordisce contro il Napoli e in quella notte insieme ad un Ronaldo il fenomeno, non dei bei tempi andati ma sempre un giocatore devastante e bellissimo da vedere, e Ricardo Kakà, mette in mostra una delle più belle lezioni di samba del XXI secolo nel campionato italiano. I brasiliani hanno questa caratteristica innata, anche senza conoscersi o aver giocato tanto insieme, percepiscono il modo di muovere la palla allo stesso modo, la connessione che intercorre tra di loro in ambito calcistico rimane una bellissima forma d'arte spesso anche sottovalutata. Nella sua stagione d'esordio sigla 9 gol in 20 partite, giocando prevalentemente da seconda punta.
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L'anno seguente arriva Ronaldinho, il più grande di sempre a toccare il pallone, e complici alcuni infortuni, Pato viene utilizzato da prima punta. In un Milan come quello di allora, un talento come il suo non poteva che esplodere ed insieme ad altri come Seedorf e Pirlo, due su tutti, gioca, vince, segna e si diverte, mettendo a referto 18 gol stagionali in ogni modo possibile, dimostrando una completezza mai vista, probabilmente a quell'età sia Ronaldo che Messi non erano così devastanti e decisivi. Dall'anno successivo però inizia il calvario che segnerà la sua discesa esponenziale, avrà infatti in quella annata numerosi problemi fisici, riuscendo comunque a segnare 14 reti e giocando il 21 ottobre 2009 al Bernabeu contro il Real Madrid in Champions una partita di una superiorità imbarazzante, doppietta e sensazione di onnipotenza per tutta la durata dei 90 minuti, strappi fatti a 50 km/h e la fortuna di essere servito da un Dinho in grande spolvero, autore di alcuni stop e tocchi di prima da far vedere nelle scuole calcio almeno 15 volte al giorno come preghiera e atto di devozione al sommo
L'annata 2010/2011 inizia male, salta 2 mesi per infortunio, ma al suo rientro sigla una doppietta in Coppa Italia contro la Sampdoria e diventa il più giovane di sempre a raggiungere quota 50 gol in maglia rossonera in gare ufficiali, segno di una buonissima media gol nonostante i problemi fisici. Da quel momento gioca con più continuità e con i suoi 16 gol, secondo marcatore del Milan dopo Ibrahimovic, di cui 2 al derbydecisivi per lo sprint scudetto, è risultato una pedina importantissima per la vittoria del suo primo e unico campionato italiano. Dalla stagione dopo però cala il buio sulla sua carriera, sarà tormentato da un numero incredibile di problemi muscolari e alla caviglia, stando fuori complessivamente per 254 giorni e collezionando tra il 2011 e il 2013 solamente 25 presenze. Qualcosa non andava, il suo corpo non reggeva lo sforzo necessario per giocare una partita o tenere un allenamento, molti pensano che il Milan abbia voluto spingere sulla crescita fisica del ragazzo fino a rovinarlo data la giovane età, e in parte può essere vero, ma come accaduto per altri sportivi, uno su tutti viene in mente Derrick Rose, è stato magari il modo di giocare o di postura che lo ha rovinato. Nel caso del cestista ai tempi dei Bulls giocava un basket così veloce e così esplosivo che era logico aspettarsi un crollo per quanto riguarda la tenuta delle ginocchia. Stessa cosa può essere magari successo con il "Papero", che nel 2013 lascia il Milan per andare a giocare al San Paolo.
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Da questo momento in poi parlare del suo continuo di carriera sarebbe solamente doloroso e ingiusto verso un ragazzo che poteva dare tanto ma non ha potuto, a volte forse le cose vanno ricordate finché belle, per non rovinarci i ricordi e i bei momenti andati. Alexandre Pato nella mia mente rimane il più grande "what if" del calcio moderno, come lo è stato sempre per la pallacanestro quel Tracy McGrady che rappresenta uno dei motivi per i quali amo la palla a spicchi. Il "maracanazo" di un calciatore che si è visto scivolare via l'occasione di entrare nell'olimpo dei grandi e destinato ad rimanere nella storia con una poetica tanto folgorante quanto drammatica.
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