top of page

Throwback F1: Ungheria 1992

Barbuzzi Giacomo

Secondo Niki Lauda in Formula 1 non ci sono mezze misure: se vinci vieni considerato il più forte, se perdi ti ritengono scarso, senza nulla in mezzo. Questa constatazione espressa dalle parole dell’austriaco è realistica, però è altrettanto vero che nel mondo delle corse hanno avuto modo di diventare icone, piloti che non hanno vinto tanto.


Ci sono infatti uomini entrati nell’immaginario collettivo, vuoi per atteggiamenti, caratteristiche fisiche o comportamentali, diventati parte integrante della storia di questo sport. Gli occhiali da sole e la serietà quasi comica di Raikkonen, i baffi e il coraggio di Mansell, la sregolatezza di Hunt, sono tutti esempi di piloti che non hanno vinto più di un Mondiale, anche se avrebbero meritato maggiori soddsfazioni nella loro carriera, spesso sfortunati o capitati in scuderie giuste ma in periodi sbagliati.


Eppure, nonostante il loro palmares poco ricco, almeno rispetto ad altri grandi della storia, sono persone diventate personaggi amati e simboli generazionali. Proprio Nigel Mansell è stato, in pista, amatissimo ed ha raggiunto in tarda età e dopo varie annate poco fortunate, il tanto agognato Mondiale del 1992. Prima di arrivare ad essere Campione del Mondo però, il Leone si è reso protagonista di stagioni nelle quali ha potuto lottare per il titolo, terminando con grandi delusioni.


Nel 1984, a Dallas, è primo fino a metà gara e quinto ad un centinaio di metri dal traguardo, quando il cambio della sua Lotus si rompe: Mansell scende dalla macchina e comincia a spingerla fino alla bandiera a scacchi, ma per il caldo assurdo e per la stanchezza sviene di fianco alla monoposto. Clamoroso il Gran Premio d’Australia 1986, ultimo GP della stagione perso, insieme al Campionato, per una foratura negli ultimi giri. Insomma, l’inglese ha un conto aperto con la sorte e riesce a saldarlo, almeno parzialmente, il 16 agosto nel GP d’Ungheria 1992.

Nel mese del leone, vince Il Leone coi baffi della Formula 1 e lo fa in una stagione dominata a livello di risultati. Prost è nel suo anno sabbatico e Piquet si è appena ritirato, quindi Mansell ha una grande occasione e non si fa sfuggire il Mondiale: vince le prime 5 gare e dopo i successi di Senna e Berger, ne porta a casa altre 3. Si arriva così a Budapest, dove la pole la mette a segno Patrese, mentre in gara dietro all’italiano, proprio il britannico perde due posizioni.


Dopo 8 giri, Mansell supera Berger, ma resta bloccato dietro Senna e in seguito ad un attacco diretto al brasiliano esce di pista, finendo nuovamente alle spalle di Berger. L’austriaco viene poi scavalcato ancora, però l’inglese viene avvertito del ritiro del compagno di squadra Patrese e si può così accontentare del secondo posto. Ad ogni modo Il Leone è costretto a rientrare ai box per via del suo ormai classico problema, ma questa volta non ce n’è neanche per la sfortuna: torna in pista ottavo e in poco tempo arriva nuovamente dietro a Senna, transitando sul traguardo secondo e da Campione del Mondo.

Nigel Mansel riporta il titolo in Inghilterra 16 anni dopo James Hunt e trionfa con 5 gare d’anticipo, record rimasto intatto fino al 2002. Nell’anno senza Piquet e Prost sta di fatto che è riuscito a tenere testa ad uno come Senna, vincitore del suo ultimo Campionato proprio la stagione precedente. Dopo la gara Mansell afferma che quando un pilota sfiora il successo Mondiale così tante volte è poi difficile crederci ancora. Un lavoro durato anni e passato attraverso brutte sorprese, per un pilota forse un po’ debole mentalmente ma con un coraggio da vendere, o da Leone se preferite.

Comments


bottom of page