Il Gran Premio del Giappone 1976 si è svolto il 24 ottobre di quell’anno, ma in realtà la gara decisiva per il Mondiale Piloti è stata fortemente influenzata dall’appuntamento del Nurburgring, che tanto ha cambiato la F1 e la vita di Niki Lauda.
Il primo giorno dell’agosto del ’76 vede la disputa del Gran Premio di Germania sul pericolosissimo circuito del Nordschleife, per di più bagnato dalla pioggia caduta prima del via. Al secondo giro la Ferrari 312 T di Lauda, al Bergwerk, finisce contro un guard-rail e rimbalza al centro della pista coperta di fiamme. Merzario, Edwards, Ertl e Lunger si fermano per estrarre l’austriaco dalla vettura e lo sdraiano sull’erba in attesa dei soccorsi. La corsa è poi ripresa, con la successiva vittoria di James Hunt, in lotta proprio contro Lauda per il Campionato Mondiale.
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In ospedale il pilota Ferrari lotta tra la vita e la morte, ma riesce progressivamente a riprendersi anche con rapidità insperata, facendo il suo ritorno alle corse a Monza, per il Gran Premio d’Italia nel quale terminerà quarto, a distanza di poco più di un mese dall’incidente. Si arriva dunque all’ultimo appuntamento della stagione con Lauda e Hunt in piena lotta per il Mondiale per un distacco di 3 punti, in favore del ferrarista.
Ma perché il GP del Giappone è così influenzato da quello tenutosi ad agosto in Germania? Per due motivi: innanzitutto per la richiesta da parte della commissione piloti di non correre per l’alto rischio dovuto dal meteo e, forse in secondo luogo (il ferrarista dirà in seguito che l’incidente del Nordschleife non influì sulla sua decisione), per il comportamento di Niki Lauda durante la gara. Per chiarire la grandezza di Hunt e del suo rivale basti pensare che entrambi si dissero sfavorevoli alla disputa della corsa, nonostante in piena lotta per il Mondiale Piloti, ma d’altra parte i due si sono più volte dimostrati oltre che nemici in pista veri amici fuori.
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Il secondo aspetto determinante è, come detto, l’atteggiamento di Lauda, che al secondo giro del Gran Premio decide di rientrare ai box per ritirarsi. Per il 3 volte Campione del Mondo le condizioni erano troppo pericolose e l’austriaco rifiuta persino di trovare una giustificazione al suo ritiro: Mauro Forghieri, il tecnico della Ferrari, gli suggerisce di dare la colpa ad un problema elettrico, ma Lauda è sempre stato molto sincero con sé stesso e gli altri (pure troppo a volte). L’austriaco abbandona con ancora la possibilità di vincere il suo secondo Titolo.
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Hunt viene informato della situazione e a quel punto può accontentarsi del quarto posto, che lo avrebbe portato agli stessi punti del rivale, ma in vantaggio per il maggior numero di vittorie. A 4 giri dalla fine però, il britannico fora uno pneumatico ed è costretto a rientrare ai box. Torna in pista quinto e riesce a superare Jones e la Ferrari di Regazzoni, ma non ha idea di quale sia la sua posizione per via della pioggia battente che oscura qualsiasi comunicazione col team.
Hunt ha inoltre paura di aver superato dei semplici doppiati e che quindi non abbia guadagnato nessun punto. La vittoria va a Mario Andretti su Lotus e l’inglese giunge terzo al traguardo, non sa però di essere Campione del Mondo per i motivi sopra citati e rientra dunque ai box arrabbiato e pronto a scagliarsi contro il manager Teddy Mayer della McLaren. Ciò che Hunt non nota, però, è la mano dell’uomo che sta per “attaccare”: le dita aperte sono 3, per simboleggiare il podio ottenuto. James Hunt forse non lo ha capito, ma è Campione del Mondo.
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