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Taco Tuesday: Lou Gehrig e la SLA

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Aggiornamento: 8 ott 2020

La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una malattia neuro-degenerativa progressiva dell'età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Da questa definizione presa direttamente dal sito della Fondazione Italiana di Ricerca per la SLA, inizia il nostro racconto Se siete a conoscenza di quanto conti nella cultura di massa statunitense il baseball, potete solo immaginare quanto possa essere venerato un giocatore che di questo sport ha fatto largamente la storia, e che ha lasciato prematuramente il mondo dei mortali a causa di un male prima di allora sconosciuto ed ancora oggi senza cura. Stiamo parlando di Lou Gehrig, giocatore degli Yankees negli anni '30 del XX secolo, soprannominato dai propri compagni "the iron horse"  a causa della sua resistenza e potenza fisica, che però ha visto svanire queste sue qualità in pochissimo tempo, a causa di un male che non lascia scampo a nessuno e del quale lui è stato tristemente il primo conoscitore.



I risultati sportivi del ragazzo nato a New York lo resero già in vita una vera leggenda, riuscì infatti a battere diversi record di uno degli sportivi più famosi della storia, Babe Ruth, che con la sua fama oscurò in parte i risultati conseguiti da Lou. Considerato dalla stampa del settore il miglior battitore della storia riuscì a realizzare per la prima volta 4 fuori campo nella stessa partita e riuscì con il suo atteggiamento sempre pacato, mai fuori dalle righe e sempre pronto a dare il massimo, ad essere un esempio per molti giovani che avevano il sogno di diventare giocatori professionisti. Come spesso accade però, prendendo in prestito la frase detta di recente dalla figlia di Sinisa Mihajlovic, attuale allenatore del Bologna, " Dio affida le battaglie più difficili ai soldati migliori ". Ma Lou questa battaglia purtroppo non la poteva vincere.



A fine anni '30 gli venne diagnosticata una malattia che ai tempi non aveva ancora neanche un nome, e che infatti inizialmente prese il nome di "morbo di Gehrig", ma che i medici assicurarono lo avrebbe portato nel giro di poco tempo a non poter più controllare ogni singolo muscolo volontario del proprio corpo. La SLA, nome ormai noto della malattia in questione, è un male conosciuto molto bene anche nel nostro paese per il caso del calciatore Stefano Borgonovo Gehring, ormai impossibilitato a giocare, entrò per un'ultima volta allo Yankee Stadium il 4 luglio del 1939 quando 60 mila persone si riunirono per celebrare il "Lou Gehring Day" e rendere omaggio alla carriera e alla vita di un uomo così speciale. Con la pacatezza che lo ha sempre contraddistinto si congedò dalla manifestazione in suo onore con queste parole, " Sebbene io abbia avuto il duro colpo dalla sorte, mi considero l'uomo più fortunato sulla faccia della terra. Ho avuto i migliori genitori e la moglie più perfetta che possa toccare ad un uomo. Ho giocato nella più bella squadra e sotto i due più grandi manager che siano esistiti nel nostro sport. Ringrazio tutti perché ho avuto molto di cui vivere. ". Morì il 2 giugno del 1941 all'età di 39 anni.



La "stronza", nome con la quale veniva chiamata da Stefano Borgonovo la Sclerosi Laterale Amiotrofica, è un male che ha colpito molti sportivi nel corso del tempo, specialmente i calciatori. Alcuni studi effettuati nel corso degli ultimi anni in Italia, hanno evidenziato come un giocatore di pallone abbia dalle 2 alle 6 volte in più la possibilità di ammalarsi rispetto alla popolazione generale. Questo dato che non ha ottenuto nessun riconoscimento dalla comunità scientifica si basa però su dei dati empirici, che hanno rilevato su 23 mila giocatori, tra gli anni '50 e '90, 32 casi di SLA. Altro dato importante è il periodo della vita nel quale viene contratta la malattia, con l'età media di un calciatore che è di 22 anni inferiore rispetto ad un malato che non pratica questo sport. 

Come nel caso di Aaron Hernandez e Chris Benoit, atleti dei quali abbiamo già parlato, anche in questa occasione va evidenziato e ricordato quanto sia importante il continuo monitoraggio della salute degli sportivi, che come ogni altra persona vanno trattati non come delle macchine perfette lontane dai problemi comuni, per fare in modo che storie come quelle di Lou Gehrig non vengano dimenticate e che riescano a fare ancora più luce riguardo i rischi che si corrono nella pratica di uno sport a livello agonistico.  Gli investimenti nella ricerca in questi settori deve essere supportata, sia da enti pubblici che privati, con quest'ultimi che spesso vengono lasciati in balia di loro stessi, cercando di inserire in contesti del genere sempre di più le società sportive, le prime che dovrebbero avere a cuore la salute dei propri tesserati.

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