“Celebriamo la morte in diretta di Totti. Da piccolo temevo quella di mia madre ma in camera avevo il poster di Francesco, un’ancora di salvataggio”.
Queste dichiarazioni di Pietro Castellitto, l’attore che dovrà impersonificare il “Pupone” nella serie dedicatagli da Sky, sono il riassunto perfetto dell’amore tra Totti e la sua gente. Colui che vestirà i panni del protagonista, che nelle puntate sarà il vero “numero 10” della narrazione: è un ragazzo romano e romanista che rappresenterà chi è stato il più romano, ma soprattutto romanista di tutti.
Il documentario non è ancora nemmeno stato messo a disposizione dei telespettatori, eppure è già riuscito nel proprio intento primario, ha già siglato il suo gol più importante catturando su di sé ire, pianti, rancori sopiti ed amori e delusioni che sembravano chiuse in un cassetto di cui si è ritrovata la chiave, ha (ri)creato flussi emotivi interrotti ma mai davvero cancellati. Nell’italica logica del tifo questo prodotto è destinato a creare un’infinita, indistinta e continua polemica: non si è (ancora) abituati a serie televisive che raccontino l’epica calcistica riuscendo a scinderla e a scindersi dalla logica del tifo per godersi a pieno il racconto, è una semplice questione culturale. Siamo fatti così.
Seguendo questa logica ed entrandone in una dimensione più specifica si può notare come molti sostenitori del Capitano vedano questo contenuto multimediale come una giustizia divina (a maggior ragione perché si va realmente a parlare di entità soprannaturali con l’ex 10) che possa chiarire al mondo tutto che Francesco, il loro figlio prediletto contestualizzato nella favola che è stata la sua carriera abbia sempre recitato la parte del buono.
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La sensazione è amplificata quando si va a scoprire che la narrazione tratterà le ultime due stagioni in giallorosso della bandiera capitolina, come quando, all’interno del racconto fiabesco si fa spazio l’elemento disturbante per l’eroe. Proprio a causa di questa dimensione di narrazione quasi non reale presa dalla serie si possono notare le caratterizzazioni cucite sui due personaggi principali: se Francesco è l’eroe, il re di un regno che è sempre stato suo e che è costretto ad abdicare, Luciano Spalletti (interpretato da Gian Marco Tognazzi) è visto come l’usurpatore, colui che ha distrutto i sogni non solo del campione ma del bambino
Eppure, l’intento profondo di Sky Italia e ideatori del contenuto (Stefano Bises, Michele Astori e Maurizio Careddu) non è tanto quella di riportare fatti già storicamente accaduti, anche vista la prospettiva unica e non bidimensionale della narrazione. La storia è vera ma viene resa commedia: racconta i tormenti di un’anima, fragile e spaventata dalla perdita delle proprie certezze, di un eroe senza mantello che fuori dal proprio ruolo di icona si sente un re senza corona. Dopo aver vissuto la sua esperienza da calciatore (che può essere ricondotta alla sua adolescenza) si ritrova semplice uomo adulto che deve elaborare, come i suoi tifosi la sua morte sportiva, riuscendo a spogliarsi della veste di “Pupone”.
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Il principale nemico di Francesco è individuato nel trailer dallo stesso 10, che confrontandosi con il suo primo cavaliere Daniele De Rossi sentenzia assorto: “Il tempo e il mister non erano svaniti, si erano messi d'accordo". Il mister è la personificazione del “maledetto tempo” in salsa toscana, ironico, tagliente, diretto ma inesorabile, eppure, nello Spalletti cucitosi addosso da Tognazzi ci sono molte emozioni umane, che qualsiasi persona seduta sul divano che ha premuto il tasto play può provare.
“Speravo de morì prima” per citare un altro romano e romanista come Niccolò Morricone, in arte Ultimo semplicemente “la storia di un uomo”.
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