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Ottorino Barassi: l'uomo che protesse la Coppa Rimet

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Da sempre lo sport è mezzo di comunicazione per alcuni messaggi a sfondo politico o sociale, basti vedere la cultura della bandana creata dal calciatore brasiliano Sòcrates o la recente campagna portata avanti dai giocatori NBA nella bolla di Orlando, molti dei quali hanno deciso di far stampare sulla loro canotta, al posto del loro nome, alcuni messaggi a sostegno del movimento "Black Lives Matter".


Durante la Seconda Guerra Mondiale lo sport e la politica si sono spesso scontrati ed intrecciati, dando vita ad alcuni momenti poi rimasti nella storia, come la cosiddetta "partita della morte" del 1942 tra gli ufficiali tedeschi e quelli ucraini o il "Campionato Romano di Guerra", una competizione fra varie compagini della regione Lazio.


Uno dei più significativi e forse meno ricordati ci tocca però molto da vicino, avendo come protagonista un nostro connazionale, il napoletano Ottorino Barassi, e un trofeo al quale siamo molto legati, avendolo vinto per ben 4 volte: la coppa del mondo, fino al 1970 chiamata Coppa Rimet.

Nato nel 1898 nel capoluogo campano, il signor Barassi mostrò sin da piccolo la sua passione per il calcio, che lo portò a 22 anni ad ottenere l'abilitazione da arbitro, iniziando una scalata all'interno del panorama calcistico italiano che lo portò ad essere nel 1933 il presidente della F.I.G.C., e che durante il suo mandato vide la nazionale alzare il trofeo per 2 volte consecutivamente: nel 1934 e nel 1938.


Come prassi vuole la nazione vincitrice del Mondiale ha il compito di custodire la coppa per 4 anni, salvo poi consegnarla alla nazione ospitante della competizione successiva. Dopo la vittoria della nazionale italiana nel 1938 in Francia, la coppa venne segretamente portata in una banca romana, in modo da essere il più possibile tenuta sotto controllo e stroncare sul nascere ogni tentativo di furto.


Lo scoppio del secondo conflitto globale però, datato 1 settembre 1939, costrinse le alte cariche calcistiche del nostro paese a prelevare la coppa e portarla in un posto sicuro: la casa del signor Ottorino. Tempo dopo arrivarono delle voci secondo le quali i tedeschi fossero alla ricerca della coppa e che conoscessero la sua collocazione.


Cimeli di questo genere, anche se dopo una prima e parziale analisi possano sembrare ben lontani rispetto alle dinamiche di eventi del genere, sono sempre nei pensieri degli invasori di una terra o di una nazione, desiderosi di portare con loro tutto ciò che luccica e che possano avere un valore anche solo sentimentale per i conquistati.


Da buon funzionario pubblico del periodo fascista, il Presidente possedeva un gran numero di scatole di scarpe, soprattutto calzature lucide, e decise di nascondere lì la tanto ambita coppa, lasciando poi la scatola sotto il proprio letto.


I tedeschi, desiderosi di prendersi la coppa, non credettero alla versione ufficiale degli organi di settore che localizzarono la coppa all'interno degli uffici del CONI, e dopo aver stilato una lista dei possibili posti nei quali potesse essere stata nascosta, decisero fra gli altri di recarsi a casa del presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.


Così una truppa di S.S. ed alcuni agenti della Gestapo entrarono nella casa romana di Barassi e la perquisirono da cima a fondo. Leggenda narra che Hitler in persona desiderasse averla, da sempre amante di tutto ciò che rappresentasse la supremazia di una nazione sulle altre.


Dopo aver ripulito l'abitazione da cima a fondo però non riuscirono a trovare niente, lasciando la casa e permettendo a Barassi di poter consegnare la coppa ai futuri campioni del mondo nel 1946, l'Uruguay. Logicamente la guerra non permise lo svolgimento dell'edizione del 1942, temporalmente collocata negli anni più bui ed intensi del conflitto.

Un gesto eroico tra chi in quei anni di perenne guerra non aveva tale compito, che dimostra l'amore e la passione che uomini e personaggi del genere mettono nello sport, permettendo a questo movimento di restare sempre vivo e presente.


Se oggi il calcio e la Coppa del Mondo sono ciò che sono, sul vostro personalissimo taccuino degli eroi aggiungete Ottorino Barassi, che oltre alla coppa ebbe il coraggio di nascondere anni di storia e cultura, senza prostrarsi al volere di uomini che non saranno mai ciò che lui continuerà per sempre ad essere.

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