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La terza camera del calcio italiano

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Il dibattito e lo scontro sono da sempre alcuni degli aspetti più importanti e stimolanti nel mondo del calcio. Infatti in uno sport nato da una radice così popolare e che da sempre è il pane in quotidiano nella bocca di miliardi di persone, le discussioni che nascono parlando di tutto ciò che riguarda questo sport nato in Gran Bretagna assumono molto più valore di moltissimi altri argomenti, a prima vista magari più importanti, ma che non hanno la stessa carica emotiva.


In questo l'Italia è un paese che da sempre fa scuola al resto del mondo, tranne che ai paesi sudamericani, nei quali il calcio è veramente la cosa più importante, e questo lo aveva capito già Winston Churchill che con la celebre frase "gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre e perdono le guerre come fossero partite di calcio" aveva etichettato e sminuito un intero popolo, non andando abbastanza a fondo ed ignorando quanto il calcio fosse, ed è tutt'ora, un qualcosa che ha il potere di andare ben oltre ciò che appare, specie in Italia.


Ora il tutto si è attenuato, ma andando indietro nel tempo potremmo cogliere quanto all'ombra del tifo di una specifica squadra si nascondano questioni che sfociano nella politica o nel sociale. Prendendo come esempio le due squadre di Genova, il Genoa e la Sampdoria, possiamo immediatamente cogliere come alla base del supporto di una o dell'altra si nasconde un qualcosa di molto profondo. Le contraddizioni tra le due società sono infatti molteplici e lampanti, spesso neanche veritiere ma che nel corso degli anni hanno contribuito ad aumentare l'astio tra le due. Il Genoa è stata da sempre considerata la squadra dei veri genovesi, mentre la Sampdoria quella degli emigrati; la prima era spesso associata ai partigiani, mentre per la seconda si narra che sia la figlia di una squadra del regime fascista chiamata "Dominante AC". Questo discorso può essere poi ampliato alla stragrande maggioranza delle squadre che sono nate nella stessa città o nella stessa regione.


Tutto questo prologo è lo zoccolo duro, le fondamenta dalle quali partire per poter introdurre un altro discorso. Se agli italiani piace così tanto parlare di calcio, e per ovvi motivi sono così legati alla loro squadra del cuore, quanto può essere forte l'attrattiva verso quei "salotti" nei quali ex-calciatori e giornalisti di primo piano discutono delle stesse cose delle quali parla il "vulgo" (ci perdonerà Dante Alighieri per aver preso in prestito questo suo termine) ogni giorno della propria vita?.


La domanda è retorica, l'attrazione è tanta. Da quando sono nati programmi come lo Sky Calcio Club o l'indipendente Bobo TV quest'ultimi sono diventati dei veri e propri appuntamenti fissi per moltissimi amanti del calcio, che hanno trovato un luogo nel quale confrontare le loro idee con gente che vive il calcio in primo piano e poter ascoltare quelle di alcuni esperti del settore. E cosa più importante: quanto detto in queste sedi ha una grande risonanza mediatica ed è capace di plasmare le menti di molti ascoltatori. Per questo, se Facebook ormai è da molti considerato la terza camera dello Stato, potremmo facilmente concludere che, questi salotti, sono ormai la terza camera del calcio italiano.

Quanto detto in queste "tavole rotonde" (fisiche per il programma Sky e virtuali per la Bobo TV, che va in onda su Twitch) ha spesso portato poi alla creazione di dibattiti all'interno dei social network che hanno coinvolto un numero indefinito di utenti, andando a creare talvolta dei veri e propri tormentoni e riuscendo in certe occasioni ad andare oltre l'etichetta di semplice programma calcistico. Ed in questo i due casi presi in esame: il "Club" e la Bobo TV, sono riusciti in maniera diametralmente opposta a raggiungere il medesimo obiettivo: diventare eventi di massa.


Il programma condotto da Fabio Caressa, ormai uomo completamente disinvolto nel suo ruolo di presentatore ed in certe occasioni caricatura di se stesso, con ospiti interessanti e la presenza fissa di ex-calciatori come Beppe Bergomi e Paolo Di Canio o il nuovo arrivato Sandro Piccinini, che spicca per le sue doti di analisi calcistiche globali, riesce ad essere un appuntamento nel quale trattare in maniera corretta gli argomenti di giornata, ma anche a non prendersi troppo sul serio, riuscendo nel suo intento di identificarsi, logicamente a livelli molto più alti, nella "chiacchierata" da bar tra amici. Ed è questo ciò che ha portato questo programma ad avere tutta questa notorietà: la competenza unità alla familiarità, la ricetta vincente per chi vuole parlare di calcio in un paese come l'Italia che lo vive e lo respira 365 giorni all'anno.


La Bobo TV invece, anche solo per la piattaforma nella quale viene trasmessa, ha assunto i tratti di un canale di informazione indipendente nel quale i quattro co-conduttori (Nicola Ventola, Bobo Vieri, Lele Adani e Antonio Cassano) trattano una vastissima quantità di temi, non sempre legati all'attualità o agli ultimi fatti di cronaca sportiva, spesso senza l'utilizzo di filtri o mezzi termini. Non dovendo rispondere a nessuna logica aziendale i quattro amici sono molto più liberi di dire la loro, incappando il più volte in sonore critiche da parte del web, riuscendo però così nell'intento primario di ogni programma: far parlare di se. Le live che vedono come protagonista il quartetto di ex-calciatori sono la perfetta sintesi della visione più genuina per alcuni o estremamente semplicistica per altri del mondo del calcio, e in questo processo di identificazione una grossa fetta di responsabilità va data ad Antonio Cassano, un uomo che da sempre ha fatto parlare di se, dentro e fuori dal campo, e che neanche in questa nuova veste ha perso occasione per fare dichiarazioni fuori dal coro o attaccare figure osannate in altre sedi.

Due esempi concreti che nell'arco dell'ultimo anno hanno creato un nuovo ambito di discussione e dato voce ad una nuova opinione pubblica, che sono riusciti in modo prorompente ad essere punti di riferimento per moltissimi appassionati e che ora sono a tutti gli effetti delle realtà in grado di modificare l'opinione di moltissime persone su un grande numero di temi e quesiti, trovando nel mondo dei social network il loro terreno fertile.


Giuste o sbagliate che siano le dichiarazioni fatte da entrambe le realtà, ciò che salta subito all'occhio è la riverenza che alcuni hanno verso queste figure, che si sono ormai imposte come alcune delle realtà più importanti e consolidate dal panorama calcistico italiano.

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