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La politica e lo sport: lo scontro Ibrahimovic-Lebron

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Spesso chi riesce ad essere un grande sportivo non ha dalla sua solo il talento o la perseveranza, per riuscire a sfondare in un mondo come questo bisogna possedere anche una buona dose di personalità.


Nel corso degli anni abbiamo potuto ammirare un numero indefinibile di giocatori fenomenali provenienti da ogni sport, che ad un certo punto però non sono riusciti ad andare oltre a causa della loro mancanza di personalità, quell'aspetto che poi fa la differenza tra chi è destinato a scrivere la storia e chi no.


Esiste poi chi fa di questa peculiarità il suo tratto distintivo, persone in grado di fare lo step successivo e che si elevano oltre la semplice figura dello sportivo, giocatori dotati di un carisma incredibile, che riescono ad emergere da ogni tipo di difficoltà o che molto più semplicemente riescono a dare un peso specifico incredibile alle loro parole. Sono persone con le quali non è facile dialogare, che hanno in mano il potere di plasmare il pensiero di un numero incredibile di persone.


Pensate allora cosa potrebbe accadere se due degli sportivi più influenti del panorama mondiale si trovassero in disaccordo riguardo un tema scottante come il rapporto tra sport e politica. Bene, è successo.

I protagonisti della vicenda sono due degli sportivi più famosi del mondo: Zlatan ibrahomivc e Lebron James. Il tutto è partito da una dichiarazione dello svedese durante un'intervista alla UEFA nella quale ha dichiarato: "LeBron mi piace molto. Quello che fa è fenomenale, ma non mi piace quando le persone con qualche tipo di ‘status’ parlano di politica. Fai quello in cui sei bravo. Fai quello che fai. Io gioco a calcio perché sono il migliore nel giocare a calcio. Non faccio politica. Se fossi stato un politico, avrei fatto politica. Questo è il primo errore che le persone famose fanno quando si sentono arrivate. Per me meglio tenersi lontano da questi argomenti, e fare quello in cui si è bravi, altrimenti rischi di non farci una bella figura ”.


Com'era logico aspettarsi la risposta del giocatore dei Los Angeles Lakers non si è fatta attendere ed ha replicato: "Divertente che queste parole vengano da lui, perché nel 2018 in Svezia ha fatto le stesse cose. Non era stato lui, quando era tornato in patria, a dire che sentiva un certo tipo di razzismo in campo solo perché il suo cognome era diverso da quello degli altri? Era lui, giusto?. [...] “Sono la persona sbagliata da criticare perché parla di politica senza saperne niente. Mi preparo prima di parlare, i miei commenti arrivano da una mente molto educata. Non c’è modo che io stia zitto, che mi limiti allo sport: capisco quanto sia potente la mia voce, quanto usando la mia piattaforma possa aiutare a combattere le ingiustizie, quelle che vedo nella mia comunità. Ho i 300 ragazzi della mia scuola di Akron a cui pensare, che vedono ingiustizie ogni giorno. Hanno bisogno di una voce, e io voglio essere la loro voce”.


Due visioni diametralmente opposte riguardo un tema che da sempre fa discutere. Da un lato chi pensa di non dover superare i limiti imposti dalla posizione che ricopre, ed invece dall'altro chi pensa che la propria voce possa essere un veicolo per far passare messaggi positivi.


L'opinione pubblica sembra essersi schierata, almeno la maggior parte, con il cestista americano, riconoscendo quanto il 4 volte Campione NBA abbia aiutato i meno fortunati grazie alle sue numerose iniziative, una su tutte la scuola ad Akron che ospita ben 300 ragazzi. In difesa del "Chosen One" sono arrivate molte altre figure dello sport e non, che hanno attaccato pesantemente l'attaccante del Milan, in quella che molti considerano una caduta di stile.


Cercando però di mettere in atto un'analisi imparziale e che riesca ad estrapolare pregi e difetti di entrambi, la questione non è così semplice come sembra. Non è infatti la prima volta che Lebron James viene preso di mira per essere andato oltre rispetto a quello che è il suo ruolo e le sue competenze, ma allo stesso tempo non si può negare come il ruolo di un atleta in America, specie se di colore, spesso e volentieri vada ben oltre il semplice aspetto sportivo.


Come già accennato in un nostro articolo di qualche tempo fa: "Nel mondo dello sport americano gli sportivi hanno sempre avuto un peso politico rilevante, in questo senso il ruolo dell'atleta è molto diverso rispetto a quello italiano, perché spesso la maggior parte dei giocatori professionisti, nel basket specialmente, provengono loro stessi da situazioni disagiate che li hanno messi in prima persona, faccia a faccia, con quello che significa essere continuamente discriminati e non ottenere le stesse possibilità degli altri."


Dunque l'uscita di Ibrahimovic, per quanto non da tutti vista in modo negativo, ha messo in risalto come il giocatore rossonero non abbia forse ben capito la grande differenza che esiste fra l'essere un atleta di colore in America ed esserlo in qualsiasi altro paese del mondo. La critica che può essere principalmente mossa a Zlatan è quella di non aver ben presente come lui e Lebron, pur essendo entrambi atleti, ricoprano dei ruoli molto diversi, pur partendo da una posizione molto simile.


Allo stesso tempo però, per concludere, Zlatan ha centrato un punto che forse non è stato abbastanza messo sotto i riflettori. Nella sua analisi critica l'atteggiamento di molte persone famose, che secondo lui dovrebbero cercare di stare lontane da argomenti che non le riguardano, convinte di poter esprimere la propria opinione per il semplice fatto di essere conosciute. Questo aspetto è innegabile, innumerevoli volte persone completamente estranee a determinate situazioni hanno detto la loro, non avendone le conoscenze o le capacità. Ibrahimovic ha però sbagliato nel momento in cui ha preso come esempio Lebron James per spiegare tale dinamica, uno dei pochi sportivi che ha dimostrato in più occasioni di essere in grado di esprimere la propria opinione in maniera competente, oltre ad essere un uomo che ha vissuto sulla propria pelle le medesime situazioni per le quali ora lotta.


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