Domenica 11 luglio, ore 21. Già da qualche ora molto probabilmente migliaia di persone provenienti da ogni zona di Londra e non solo avranno preso la metro, servendosi di una delle due linee che portano alla fermata Wembley Stadium: la Metropolitan o la Jubilee, con la loro Oyster Card che da anni, forse decenni, li accompagna in ogni zona della città. La direzione è chiara, lo dice il nome stesso della fermata. Hanno il loro appuntamento con la storia. L'aria che si respira è frizzante, con qualche nota amara, perché nel libro dei sogni il fallimento non è contemplato, ma il destino ha molta più fantasia di noi.
Per le strade già si sentono intonare i primi "It's coming home", anche se gli inglesi un europeo non lo hanno mai vinto, perché questa frase non fa riferimento alla coppa, ma al calcio stesso. La loro genuina supponenza di sentirsi i padroni dello sport più bello del mondo li caratterizza da prima dell'esistenza dell'umanità stessa. Ma non dobbiamo fargliene una colpa, infatti il primo calcio ad un pallone lo diedero a Nottingham il 26 ottobre 1863.
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E' da 55 anni che oltremanica non si respira un'aria del genere, nella nazione del calcio questa è solamente la seconda finale in tutta la propria storia, dopo quel mondiale vinto sempre in casa, sempre a Wembley, guidati dal più inglese di tutti, sua maestà Sir Bobby Moore. Se in quell'occasione la partita, ricordata molto negativamente, fu decisa da quello che probabilmente è il gol fantasma più famoso della storia, con il momentaneo 3-2 inglese di Geoff Hurst che venne convalidato senza che la palla avesse effettivamente superato la linea di porta dopo aver impattato la traversa, anche questa finale si tinge di ombre e dubbi. Soprattutto dopo quanto accaduto nella semifinale contro il remake danese del 1992, con la partita che è stata decisa da un rigore dubbio e con due palloni in campo al momento dell'assegnazione del penalty. In una finale però non c'è spazio per complotti e dietrologia.
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A cercare di rovinare il sogno inglese infatti ci sarà la nostra nazionale, quella macchina a tratti perfetta disegnata da uno dei numeri 10 più importanti nella storia del nostro calcio, Roberto Mancini. In una campagna che ha visto gli azzurri prendere sempre più confidenza nei loro mezzi, l'Italia rappresenta l'antagonista perfetto in questo romanzo alle ultime pagine.
Da una parte abbiamo infatti un gruppo di ragazzi pronti a coronare una vittoria storica, vincere per la prima volta un Europeo nella loro casa, nel loro stadio, catapulterebbe i ragazzi di Southgate nella leggenda e li renderebbe immortali, impregnati non di vana gloria ma di uno status che avrebbe pochi eguali nella storia dello sport. Dall'altra invece un'aristocrazia del calcio mondiale che però negli ultimi anni si era persa ed ora sembra pronta a sedersi nuovamente sul trono e rimettersi in testa la corona, proprio nella terra della regina.
Il percorso fatto dalle due nazionali racconta proprio questo: per arrivare fino a qui l'Inghilterra ha dovuto superare l'ostacolo più grande della propria storia non solo calcistica, quella Germania che dal 10 luglio 1940 al 31 ottobre dello stesso anno portò quasi al collasso il Regno Unito e scosse il mondo intero, in un certo momento sicuro di cadere sotto i colpi delle potenze dell'Asse, delle quali faceva parte anche l'Italia fascista. La perfetta chiusura di un cerchio che intreccia sport e storia, in un racconto che sembra uscito dall'opera di Erich Maria Remarque, "Niente di nuovo sul fronte occidentale".
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L'Italia invece, da ormai una decade splendente di una luce riflessa di vecchia gloria, ha ottenuto questo traguardo lasciandosi alle spalle nazionali che hanno trovato negli ultimi anni il loro momento di massimo splendore. Prima rigettando l'invasore austriaco, incoronando Federico Chiesa come colui che non fece passare lo straniero, poi lasciandosi alle spalle due potenze come Belgio e Spagna, desiderose di scalfire ulteriormente la leggenda italica. L'8 settembre 1943 il generale Pietro Badoglio firmò la resa e si inchinò agli anglo-americani, l'11 luglio 2021 l'Italia potrebbe diventare il tristo mietitore di una delle più grandi sconfitte nella storia del calcio.
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“Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio." (Winston Churchill)
Allora preparatevi alla guerra.
La rinascita di un'aristocrazia del calcio nella terra che ospita una delle monarchie più longeve della storia. La definitiva consacrazione di fronte al proprio pubblico di una nazionale chiamata a prendersi il suo momento con la storia.
Dal Wembley Stadium di Londra, va in scena Italia-Inghilterra.
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