In quel vastissimo calderone composto dalla cultura televisiva italiana, uno dei personaggi più famosi e riconoscibili della storia del nostro paese è sicuramente il Gabibbo. Apparso per la prima volta il primo ottobre 1990, il pupazzo creato da Antonio Ricci era nato inizialmente come parentesi comica del programma "Striscia la Notizia", trasformandosi poi in una sorta di "inviato" incaricato di parlare di situazioni ingiuste o scandalose segnalate dai telespettatori del programma che va in onda su Canale 5. Ed è stato proprio questo connubio di ironia e denuncia che ha reso il Gabibbo ciò che è ora, identificandolo sin da subito come uno dei personaggi più amati nella storia della televisione italiana.
17 anni fa però, nel 2003, l'Osservatorio Antiplagio del professore Giovanni Panunzio supera l'Atlantico e vola in Kentucky, precisamente a Bowling Green. I professionisti del settore hanno infatti notato una certa somiglianza tra il pupazzo rosso di Mediaset e la mascotte della squadra di basket della Western Kentucky University dal nome Big Red, creato nel 1979 dallo studente Ralph Carey. Questo evento rischiava di mettere seriamente a repentaglio il futuro del Gabibbo e la credibilità dell'emittente in mano alla famiglia Berlusconi.
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Appena giunta la notizia di questo presunto plagio, l'università americana si è immediatamente mossa per fare causa a Mediaset e Giochi Preziosi, portando come prova un'intervista di Antonio Ricci del 1991 a Novella 2000, nella quale aveva dichiarato che il personaggio del Gabibbo fosse ispirato proprio a Big Red. L'autore televisivo, una volta giunta la denuncia, dichiarò come quell'estratto fosse una risposta concordata per scherzo, con la versione confermata dal vicedirettore del settimanale Santi D'Urso.
Da questo momento in poi si dà il via ad una delle cause più famose nella storia della televisione italiana, con l'ateneo americano che chiese 250 milioni di dollari di risarcimento e l'addio del Gabibbo alla televisione. La questione va avanti per quasi 15 anni ed è costellata da numerosi rinvii a giudizio e sentenze, trovando la sua conclusione solamente nel 2018. La Corte di Cassazione tre anni fa ha infatti sollevato Mediaset da tutte le accuse, rigettando quindi le richieste dei legali dell'università e negando qualsivoglia tipo di plagio. Le motivazioni date dalla Corte sono state varie: Big Red non era coperto da nessun diritto d'autore, inoltre non era degno di protezione essendo, come tanti altri personaggi tipo i Barbapapà o Elmo dei Muppets, «un goffo umanoide, costituito da una massa amorfa di colore rosso, con grande testa e occhi e bocca larga». Ralph Carey in pratica non aveva raggiunto la soglia minima di creatività per meritare la tutela, con la Corte di Cassazione che concluse così la sentenza: «Big Red appare dunque un’espressione scontata e banale, per la semplicità delle linee e delle soluzioni grafiche, di idee formali realizzate».
La questione però, per quanto apparentemente chiusa, è ancora in mano alla Corte di Appello di Milano, che dovrà valutare una nuova ed inedita dinamica, quella del "plagio evolutivo", identificata come "un’ipotesi più complessa del fenomeno plagiario in quanto integra una distinzione solo formale delle opere comparate, sicché la nuova, per quanto non sia pedissequamente imitativa o riproduttiva dell’originaria, per il tratto sostanzialmente rielaborativo dell’intervento eseguito su quest’ultima, si traduce non già in un’opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell’abusiva e non autorizzata rielaborazione di quest’ultima".
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Un qualcosa che difficilmente potremmo rivedere nella storia del nostro paese, per motivi ben lontani da quelli usuali lo sport americano e la televisione italiana si sono ritrovati faccia a faccia, in uno scontro che non ha riguardato il campo da gioco ma quello giuridico, che è però riuscito a mostrare ancora una volta quanto due mondi così lontani possano da un momento all'altro collidere e a ribadire la pervasività dello sport in ogni aspetto della nostra quotidianità.
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