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Icone: Ian Rush

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

A metà degli anni '80 il Galles era una nazione completamente sotto scacco all'Inghilterra, la "Iron Lady" Margareth Tatcher in quei anni attuò alcune riforme che distrussero l'economia gallese e che alcuni interpretarono come una sorta di politica coloniale.

Da sempre la nazione che porta un drago sulla propria bandiera, così come la Scozia o in generale gli altri paesi della Gran Bretagna hanno dovuto spesso chinare la testa di fronte agli inglesi, ma nel medesimo periodo della stretta tatcheriana arrivò nella città di Liverpool un uomo capace di ribaltare, almeno nel calcio, ogni gerarchia preesistente e portare simbolicamente il Galles sul tetto d'Europa e prendersi una piccola rivincita, dal valore perlopiù simbolico che effettivo.


L'uomo del quale stiamo parlando è uno dei migliori attaccanti del XX secolo, compagno storico di "Sir" Kenny Dalglish e definito da John Charles come "colui che meglio di chiunque altro conosce l'arte di andare in gol", Ian Rush.

Spesso si dice che calciatori si nasce e che, però, campioni ci si diventa. Questa frase può perfettamente descrivere l'attitudine e il modo di approcciarsi al gioco del calcio di Rush, infatti sin da piccolo in lui si nota una fame negli occhi diversa da chiunque altro, una specie di "killer instinct" che lo teneva in ogni occasione ad un livello di concentrazione incredibile, un predatore sempre pronto a colpire.


Per questo già ai tempi della scuola riuscì a demolire moltissimi record a suon di gol, e qualche allenatore che lo schierò sulla linea dei centrocampisti si accorse di aver commesso un errore che gli dei del calcio difficilmente gli avrebbero perdonato.


Neanche maggiorenne esordisce con in professionisti in Third Division con la maglia del Chester e dopo neanche 365 giorni viene acquistato da una squadra la cui casacca si incollerà in modo irreversibile alla propria pelle: il Liverpool.


Il coach dei Reds Bob Paisley fece spendere alla presidenza la cifra record di 300 mila sterline per un teenager.

Come nei più classici passaggi di consegne, al suo esordio entra al posto di Kenny Dalglish, con il quale formerà per quasi una decade una delle coppie di attacco più prolifiche della storia del gioco del calcio. Non giocherà molto nella sua prima annata a Liverpool e per questo chiese al mister di essere ceduto, ricevendo un secco "no" e la certezza che al momento giusto sarebbe diventato la punta di diamante della squadra. Nel 1981 arrivò la vittoria in Coppa dei Campioni, ma non la sentì sua, era stato una macchietta insignificante in un'opera bellissima.


Nella stagione 1982/1983 arriva la tanto agognata consacrazione, sigla 31 reti in campionato e il "double" con la vittoria di quest'ultimo e della Coppa di Lega, cementando un'intesa con "Sir" Kenny che per la Kopp era già leggenda.


Uno scozzese ed un gallese ora guidavano la squadra più forte di Inghilterra e nel 1984 anche la più forte d'Europa, infatti arrivò la vittoria di un'altra Coppa dei Campioni, a questo gito però giocando da assoluto protagonista segnando 47 gol in 65 partite ed imponendosi come la prima punta più forte del mondo.

Ad una gioia del genere però fece seguito una tragedia dietro l'altra, prima l'infortunio e poi la strage dell'Heysel, che segnerà Ian e i suoi compagni in modo irreversibile nel profondo, nonostante continui a segnare moltissimo, il suo rapporto con il mondo del calcio e quello Reds cambiò drasticamente, con la mente poco sgombra e la luce nei suoi occhi che piano piano si spegneva, caso vuole che nel 1987 firmò per la Juventus, proprio la squadra affrontata il giorno della strage.


Arrivato a Torino ed accolto come Michel Platini, l'annata di Ian Rush in Italia si rivelerà tutt'altro che rosea. Tra infortuni e un feeling mai scoppiato con il nostro campionato, il centravanti gallese chiuderà la stagione con sole 7 reti e un biglietto di ritorno verso Anfield. Di questa esperienza però è lo stesso Rush a sottolinearne gli aspetti positivi. Più volte ha dichiarato di aver imparato moltissimo dalla Serie A e di essere diventato un centravanti in grado di aiutare maggiormente la squadra proprio in Italia.



Il ritorno a Liverpool è tutt'altro che la fine e con i Reds torna quello di sempre. Nelle 245 partite che giocherà nella sua seconda venuta mette a segno ben 90 reti e diventando il miglior realizzatore di tutti i tempi con la maglia del Liverpool. Gli ultimi anni di carriera sono più una passerella che vere e proprie avventure agonistiche ma non si poteva chiedere di più ad un giocatore che per tutta la sua carriera era stato così costante e prolifico.



Dopo aver provato senza successo anche la carriera da allenatore, Ian Rush è finito poi per ritornare, ancora una volta, a casa sua. Ad Anfield ha svolto l'aiuto allenatore ed altri ruoli per il club inglese, una famiglia dalla quale non riesce proprio a stare lontano.


Il calcio, soprattutto quello inglese, è fatto di storie d'amore, affascinanti e ed emozionanti che nell'era moderna è difficile rivedere. Per questo ogni tanto ci piace fare un tuffo nel passato e rivivere racconti di grandi campioni, ma soprattutto di grandi amori. Amori come quello di Ian Rush e del suo Liverpool.

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