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Icone: Hristo Stoičkov

Immagine del redattore: Tellurio MatteoTellurio Matteo

Ho da tempo il sospetto di aver contratto una particolare malattia che mi porta ad innamorarmi di determinati calciatori dell'Est Europa. Da piccolo, secondo la tradizione familiare, tifavo per i bianconeri ma il mio cuore batteva solo per il numero 7 rossonero di origine ucraina, allo stesso modo ammetto di non essere affatto guarito quando vedo giocare il 21 della Lazio. Nell'olimpo del calcio dell'est (e quindi del mio cuore) non poteva mancare il più grande giocatore del football bulgaro, l'Ayatollah Hristo Stoičkov.



Devastante perno offensivo di ogni squadra in cui ha militato, Hristo Stoičkov univa al suo fisico statuario una tecnica superba ed un dribbling sopraffino. Grande realizzatore e mago dei calci piazzati, era dotato di un sinistro semplicemente magico che gli è valso 282 reti in carriera. Accompagnato sempre dal suo fidato numero 8 e dalla sua esultanza col braccio alzato (da qui il soprannome Ayatollah) ha segnato il calcio degli anni '90 riuscendo anche a portarsi a casa il Pallone d'Oro nel 1994.



Dopo l'esperienza vincente in patria con il CSKA SofiaStoičkov approda nel calcio che conta nel 1990, fortemente voluto al Barcellona dal loro allenatore, Johan Cruijff. L'arrivo del bulgaro è piuttosto strano, si fa squalificare per un pestone all'arbitro, ha un cattivo comportamento in campo e sembra non impegnarsi, addirittura si pensa che rubi nello spogliatoio ai suoi stessi compagni (voci non smentite). Da qui in poi però il bulgaro diviene il leader della squadra e l'idolo indiscusso della tifoseria blaugrana, inanellando stagioni incredibili dal punto di vista tecnico e realizzativo. Hristo porterà a casa anche una Champions League ma i rapporti tesi con il suo allenatore lo costringeranno ad un addio nel 1995. Arriva in Italia, sponda Parma, dove però vive una stagione incolore e al di sotto delle aspettative, non riuscendo mai a spiccare nella formazione di Nevio Scala. Torna quindi al Barcellona dove, nonostante non sia sempre titolare, gioca bene insieme al Fenomeno. Infine l'ennesimo litigio porterà al definitivo divorzio col Barcellona e a degli anni finali in giro del mondo, poco illuminati ma sempre ricchi di talento



Con la nazionale è stato un vero e proprio faro. Porta la Bulgaria nei grandi tornei internazionali e riesce anche a vincere la Scarpa d'Oro del Mondiale del 1994. Ad ogni vittoria della nazionale bulgara era solito dire "Oggi Dio ha confermato di essere bulgaro". Un calciatore eccezionale, esagerato in ogni aspetto, l'emblema del calcio slavo. Per anni dominatore assoluto del calcio europeo, forse non è durato tanto, ma di sicuro è uno di quelli da non dimenticare assolutamente. 

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