Il "Golden Boy", quello vero. Eh si, perché se c'è un soprannome che più di tutti calza a pennello su questo ragazzo nato a Buenos Aires è proprio questo qui. Per delucidazioni chiedere a tale Dino Zoff, allenatore dell'Italia costretta all'argento Europeo 2000 proprio dal Golden Gol del franco-argentino. Origini francesi ma cuore latino, incarnava l'essenza del centravanti come pochi altri nella storia. Insieme ad Alex Del Piero è stato colpevole di avermi fatto innamorare del calcio a prescindere se giocasse contro il Milan o contro il Rimini. Caratterizzato da l'eleganza di un ghepardo e dalla numero 17 sulle spalle, l'icona di oggi è (ovviamente) David Sergio Trezeguet.
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Figlio di Jorge, buon centrocampista di animo totalmente sudamericano, nasce a Rouen nel 1977, dove il padre giocava. L'avventura francese però dura poco, infatti dopo soli due anni papà Jorge fa le valige e torna in Argentina. David cresce tra i profumi del calcio argentino e già a sedici anni è sotto i riflettori del Boca e del River. La svolta però la da il suo passaporto, franco-argentino. Trezeguet infatti, non continuerà la carriera in Argentina ma attraverserà di nuovo l'Atlantico per accasarsi al Paris Saint-Germain.
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Con i parigini però è un rapporto complicato. Poco dopo il suo arrivo, i dirigenti decidono di bocciarlo e la carriera di Trezeguet sembra potersi arenare da un momento all'altro. Come sempre è il destino a metterci lo zampino, ad adocchiare il ragazzo franco-argentino è un'osservatore particolare, che in lui ha riconosciuto delle doti fuori dal comune. L'indiziato speciale di nome fa Arsène, cognome non ve lo dico. Grazie a lui Trezeguet si trasferirà a Monaco dove, grazie anche al tecnico Tigana, David prenderà il volo. Protagonista sia con il club in coppia con Henry, sia nella nazionale under-18 con la quale porterà a casa l'Europeo.
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Da giovane inesperto vince il Mondiale 1998 ma non convince. Anche a Monaco le cose iniziano ad andare male dopo la partenza di Henry. La rottura con la società porterà un po' di insicurezza nella vita del giovane attaccante francese. In quel momento a tenere a galla David è la futura moglie Beatrice (il mondo del calcio ringrazia). Si riavvicina alla società e fa coppia con Marco Simone ritrovando la via del gol.
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Nel 2000 è l'eroe silenzioso che condanna l'Italia al secondo posto agli Europei, nonostante tutti si ricordino più di Zizou, Deschamps, Henry o Anelka. Alla fine dell'Europeo è inevitabile il suo passaggio ad un grande club e il Monaco stesso lo sa bene. Inizialmente sembra destinato ad andare a Roma, dove il presidente Sensi ha smosso mari e monti per averlo (si pensa anche il Principe stesso) ma a spuntarla alla fine è l'azione di Luciano Moggi. Ancelotti lo prova dopo un po' al posto di Pippo Inzaghi al fianco di Alex Del Piero e da li in poi è storia.
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Trezegol e Pinturicchio formano la coppia più prolifica della storia della Juventus. Vince lo scudetto da capocannoniere proprio come Michel Platini e porta la Juve in finale di Champions, il cui esito è però negativo. Nel 2006 perde il Mondiale sbagliando un rigore proprio contro l'Italia, perché il destino da e toglie in egual misura (a volte), ma soprattutto scende in B con la Juventus. L'amore viscerale dei tifosi juventini per uno come David si consacra in questa occasione. Tra i tanti che se ne sono andati, quelli che sono rimasti e che hanno riportato la Juventus in A sono stati destinati all'olimpo del calcio bianconero. Eroi indimenticabili impressi nella mente di tutti i tifosi.
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Chiuderà la lunga carriera alla Juventus con 171 reti, un bottino impressionante che lo rende lo straniero più prolifico nella centenaria storia della vecchia signora. Dopo la Juve peregrinerà un po' tra Alicante (città della moglie) e l'Argentina (come era giusto che il cerchio si chiudesse). Ritiro avvenuto tecnicamente in maglia Pune, campionato indiano, una statistica da ricordare più per l'esoticità della cosa che per importanza.
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Un attaccante in grado di segnare con ogni mezzo a sua disposizione. Nessuna differenza tra destro e sinistro, capace di acrobazie e colpi di testa fuori dal comune, le lunghe leve gli permettevano una velocità mai vista per il metro e novanta che portava a spasso. Dentro l'area aveva un senso della posizione incredibile e un fiuto del gol straordinario. Venne paragonato spesso a Marco Van Basten ma David non ha mai nascosto chi fosse il suo idolo, da bravo argentino qual'era, Gabriel Omar Batistuta.
Quelli che in maniera semplicistica e spesso errata definiamo millennials (me ad esempio), ricordano come fosse ieri gli anni 2000 del calcio italiano. Il grande Milan, l'era Inter e ovviamente la coppia Del Piero-Trezeguet. Il fascino francese unito al cuore latino, mescolato con quelle dosi, passa una volta ogni cento anni e noi abbiamo avuto la fortuna di vederlo nei panni di uno degli attaccanti più forti della storia del nostro calcio.
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