Suona strano a pensarci bene, quasi illogico, ma è proprio vero che il più grande campione della storia del calcio africano in realtà è un portoghese. Sono gli anni quaranta, precisamente è il 25 gennaio del 1942 e mentre il mondo è sconvolto dal più grande conflitto della sua storia, nella lontana Maputo, capitale del Mozambico, nasce Eusebio da Silva Ferreira, che più avanti ricorderemo tutti semplicemente col nome di Eusebio, la pantera nera.
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Il Mozambico è ancora un paese sotto il controllo coloniale del Portogallo e questo spiega facilmente come, nel bivio della sua carriera, nonostante l'interesse mostrato da club come la Juventus, il Torino e la Samp per le gesta di questo giovane africano che rincorreva un pallone fatto di calzini e cartacce, Eusebio sia finito in Portogallo. Anche se nato a migliaia di chilometri da Lisbona, quella è la sua capitale (nonché la città del suo destino, ndr.) ed è proprio lì che la mamma vuole mandarlo. Inizialmente sembra destinato a vestire i colori biancoverdi dello Sporting (il percorso dell'altro fuoriclasse portoghese) ma i dirigenti non si fidano, ad avvicinarlo è quindi il San Paolo ma anche questo matrimonio non sa da fare. L'allenatore dei brasiliani però decide di consigliarlo al tecnico dell'altra squadra di Lisbona, il leggendario Bela Guttman, il quale si fida e propone un ingaggio per il giovane Eusebio, ora finalmente un giocatore del Benfica.
L'arrivo di Eusebio in Portogallo sembra appena uscito dalla mente di chi architettò (quasi in contemporanea) il rapimento di Adolf Eichmann dopo la sua fuga in Argentina. Appena sbarcato a Lisbona, per paura che qualcuno potesse rapirlo e portarlo allo Sporting, Eusebio (nome in codice Ruth Molosso) viene preso in custodia e portato per due settimane a Lagos per precauzione. Non proprio quello che il giovane si aspettava dalla sua esperienza a Lisbona ma finalmente, dopo qualche ripensamento curato dalle parole della madre, a cinque mesi dal suo arrivo può finalmente scendere in campo.
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Da qui in poi è storia classica del calcio, gol come se piovesse, 11 titoli nazionali, 5 coppe del Portogallo e la storica Coppa Campioni guidato dal grande Bela Guttman. Eusebio è stato non solo il primo grande giocatore di origine africana a insegnare il gioco agli europei, è stato anche tra i primissimi attaccanti moderni a calcare un campo di calcio. Veloce, forte fisicamente e un killer sottoporta, ancora oggi, nonostante decenni di evoluzione, sarebbe ancora un attaccante letale capace di spostare gli equilibri.
Non solo un campione indiscusso ma anche un uomo eccezionale secondo i tantissimi avversari che, mentre venivano surclassati dal suo talento, rimanevano sempre stregati dalle sue infinite doti umane. Josè Altafini ricorda sempre che lui non era in grado di compiere cattiverie. Durante la finale del 1968 il portiere dello United gli nega il gol allo scadere del tempo regolamentare ma Eusebio, invece di disperarsi, si gira e applaude la parata dell'avversario fino alla rimessa in gioco della sfera. Una pantera nera gentile e garbata.
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Quando sfortunatamente Eusebio ci ha lasciati, quel triste 5 gennaio del 2014, il governo portoghese dichiarò 3 giorni di lutto nazionale, a sottolineare il fatto che non ci trovavamo di fronte ad un semplice campione ma ad un vero eroe nazionale, una figura marchiata in maniera indelebile nella storia del Portogallo. Ma oltre ad essere una personaggio chiave del Portogallo le sue origini lo rendono anche un uomo fondamentale nella storia del calcio africano. Eusebio è quasi un eroe dei due mondi, l'apice del calcio portoghese ed il capostipite dei giocatori africani, una figura importantissima che ha scritto la storia del calcio e la cui eredità ancora oggi condiziona tantissimi giocatori.
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