La creazione di dinastie vincenti nel basket è sempre stata caratterizzata da un percorso lungo e tortuoso, che richiede una buone dose di lungimiranza, capacità di scelta dei giocatori giusti ed anche di un po' di fortuna. Nel caso dei gialloblu della Baia, siamo stati testimoni di un lavoro di recruiting qualitativamente inarrivabile da chiunque altro, che ha portato in pochi anni una squadra come i Golden State Warriors ad assemblare nelle annate 2017-2018, grazie alla presenza in roster di Stephen Curry, Klay Thompson e Kevin Durant, uno dei migliori trii della storia, uno dei 5 team più forti della storia della palla a spicchi. Dinastia che però non è riuscita ad arrivare al tanto ambito three-peat (3 titoli NBA consecutivi), riuscendo comunque nel 2015, nel 2017 e il 2018 a vincere l'anello. E il 2016? Una sbaffatura in un'opera di Michelangelo, realizzata dai Cavaliers del duo Irving-James, autori della più grande rimonta nella storia del basket americano.
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In quella stagione, la seconda per Lebron nella sua nuova avventura a Cleveland, i Cavaliers stavano giocando un buon basket, complice una East Conference non al massimo delle proprie possibilità, nella quale non si intravedeva una reale contender per i ragazzi di Tyron Lue, subentrato in corsa a David Blatt, i quali secondo molti sembravano essere più forti di quanto fossero realmente, complici le motivazioni appena date. Oltre ai 2 già citati e Kevin Love, i Cavs avevano a roster sì dei buoni giocatori, come JR Smith o Iman Shumpert, ma sembravano lontani anni luce dalla squadra prima ad Ovest, i Warriors. Dall'altra parte del tabellone i ragazzi di Kerr avevano appena riscritto la storia, record di 73 vittorie e 9 sconfitte, battendo il 72-10 dei Bulls di Jordan, e sembravano essere, anzi erano, una delle migliori squadre mai scese in campo. Un roster di una profondità e qualità incredibile, che già l'anno prima aveva spazzato via Lebron e compagni con un secco 4-2. Dopo i rispettivi cammini nei play-off, le 2 sono di nuovo faccia a faccia, in una finale che sembra già scritta e decisa, con Golden State che però ha avuto qualche piccolo inciampo contro i Thunders di Durant, con i quali hanno sofferto più del dovuto, dimostrando una tenuta mentale non impeccabile, aspetto che costerà caro ai ragazzi del ponte di San Francisco.
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La prima partita della serie, che come la seconda si gioca in casa dei gialloblu, mette in mostra i pregi e i difetti delle 2 squadre. GS vince grazie a 2 fattori: la panchina, che realizza 45 punti contro i 10 di quella di Cleveland, e il grande stato di forma degli Splash Brothers, che con una serie di triple chiudono una partita ancora in equilibrio. La seconda partita segue la falsa riga della prima, i campioni in carica sembrano in grado di accendersi e fare loro la partita in un baleno, Draymond Green è il migliore dei suoi sia in difesa che in attacco, e i Cavaliers, che perdono Kevin Love per infortunio, sembrano già rassegnati ad un destino nefasto dopo sole 2 partite. Per Gara 3 si va in Ohio e qualcosa si accende però, complici dei Warriors magari troppo rilassati e vogliosi di alzare il trofeo a casa loro, Cleveland vince 120-90, dando 30 punti di distacco agli avversari, grazie ai 62 punti combinati della coppia James-Irving. Rimane però sempre la sensazione di aver visto una partita falsata, con Golden State che non sembrava aver mai pigiato sull'acceleratore.
E' però ora di Gara 4 e i paganti della Quicken Loans Arena hanno la fortuna di assistere ad un trionfo del basket moderno, i ragazzi di Kerr mettono a segno 17 triple, più dei tiri dal campo, cosa mai successa in una finale NBA, e mostrano al mondo intero schemi di gioco che spazzano via i dogmi del basket fino ad allora esistenti, vincendo 3-1 ed ipotecando l'anello. Si torna ad Oakland e si attende solo il momento della vittoria, 3 matchpoint e la sensazione di essere di gran lunga più forti dei loro avversari fanno stare tranquilli Curry e soci, che però non sanno ancora di essere dalla parte sbagliata in una storia destinata a rimanere impressa nella mente nei secoli dei secoli. Se fino ad allora Lebron James veniva additato come una femminuccia nelle gare importanti, con le successive 3 partite fa ricredere almeno il 95% delle persone che lo pensavano. 41 punti, 16 rimbalzi e 7 assist per lui in Gara 5, Irving ne mette 41 anche lui, e si va sul 3-2, ma qualcosa è cambiato.Golden State appare persa e spaesata, non si aspettava una reazione del genere. In Gara 6 che a livello mentale i Warriors non ci sono più diventa ancora più chiaro, Curry si fa buttare fuori per falli e quando Lebron sigla 18 punti consecutivi, i compagni del numero 30 sembrano essere scomparsi dal campo. Un tracollo mentale che ha dell'inspiegabile, così tanto persi in loro stessi e nella loro bravura che hanno perso di vista il motivo per il quale stavano giocando, vincere. 3-3 signore e signori, lo spettacolo è servito.
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19 giugno 2016 , Oracle Arena di Auckland, da una parte troviamo chi ha la possibilità di riscrivere la storia e vincere dopo uno svantaggio di 3-1, dall'altra chi rischia di passarci come chi si è fatto rimontare, perdendo la sfida decisiva in casa. Una partita tiratissima fino al 4° quarto, quando una sola azione decide tutto. Ad 1 minuto e 50 dalla fine Lebron James blocca il tiro a canestro di Iguodala sull'89 pari, in una delle scene sportive più iconiche del XXI secolo, seguito a soli 53 secondi dalla fine dal tiro da 3 di Irving su Curry, che insieme alla difesa di Kevin Love su Steph a pochi secondi dal suono della sirena, rappresentano le 3 giocate chiave. Freddy Kruger bussa alla porta degli ormai ex-campioni in carica, l'incubo è servito e ora sono costretti a vedere i loro avversari piangere di gioia sul loro campo dopo essere stati protagonisti di una cavalcata quasi perfetta. Lebron vince finalmente un titolo con i Cavs, e si consacra definitivamente, mentre Golden State perde il treno con la storia, riuscendo l'anno dopo con Kevin Durant a battere Cleveland, senza però poter cancellare l'onta di questa sconfitta.
Così belli da specchiarsi e non vedere che intorno a loro c'è un incendio.
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