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Capire Best: l'omaggio artistico di Belfast

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Aggiornamento: 10 apr 2021

"Ai posteri l'ardua sentenza", la celebre frase presente nell'opera manzoniana "Il cinque maggio", descrive con 4 semplici parole il valore e l'immensità della vita terrena umana, che si riduce con il ricordo che lasciamo di noi una volta lasciato questo corpo. Esattamente 15 anni fa però morì un uomo che molto più di altri ha vissuto a pieno la propria vita, l'emblema dell'eccesso nel mondo del calcio e dello sport, una personalità così spigliata da suscitare al contempo odio e amore, che nel bene o nel male ha lasciato un grandissimo ricordo di sé.


Quest'uomo è George Best, uno dei più grandi campioni nella storia del calcio, spesso messo sotto la luce dei riflettori per le sue abitudini extra-campo e non per il grande talento messo in mostra. Se per il sottoscritto il nordirlandese è il più grande numero 7 di sempre, altri assimilano la sua figura solo agli eccessi con l'alcool e le donne.


Questo rappresenta il grande spaccato della propria memoria: c'è chi lo idolatra per le sue gesta e chi per le sue abitudini, 2 facce della stessa medaglia, anzi, dello stesso uomo, capaci di incidere con decisione il nome di George Best non solo nella storia del calcio, ma dell'umanità intera.


Dopo il Papa e Gesù, Best è una delle personalità più riconoscibili di sempre. Nato nel 1946, solamente 25 anni dopo la costituzione dell'Irlanda del Nord, il "bad boy" per eccellenza per i suoi connazionali è stato molto più di un atleta, una nazione da sempre divisa e pronta alla guerra a causa delle divergenze fra protestanti e cattolici è riuscita ad unirsi ed abbracciarsi senza grandi distinzioni grazie a quest'uomo.


Legato per 11 anni al Manchester United e a quello specifico numero di maglia, conscio di quanto fosse grande l'eredità della maglia che ha portato addosso, denigrò ogni altro giocatore che indossò i colori dei "Red Devils" con la 7 sulle spalle, tranne un ragazzino arrivato dall'esotica Madeira, del quale ha parlato come suo naturale ed unico erede.


Un colibrì con la forza di una montagna, le sue abilità in campo rappresentavano perfettamente il suo modo di vivere la vita, sembrava in grado di volare sopra ogni problema. Problemi che, rappresentati in campo dai suoi avversari, era stato quasi sempre in grado di superare, meno nella quotidianità.


In una società degli anni '60 e '70 sede del progresso, del lavoro e del materialismo, Best ha rappresentato la voglia di evasione di molti, l'uomo che si trovava al di fuori degli schemi, la parte repressa di tutti noi, uomini troppo razionali per poterla far emergere.


Tutte queste piccole considerazioni possono far cogliere la grandezza di George Best, che se a Manchester è un'istituzione, a Belfast è religione, una presenza più ingombrante della Regina. Per questo la piccola capitale nordirlandese può essere descritta come il museo a cielo aperto del "quinto Beatles", ormai da anni sede di innumerevoli opere d'arte che hanno l'obiettivo di commemorare la sua vita.


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