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Burak Ylmaz: Fata Morgana

Della Bina Elisei Mattia

Vi trovate in un deserto. La motivazione è indifferente; è il luogo che conta. Scegliete anche in quale deserto state arrancando, se ne conoscete più di uno.

In un momento preciso del vostro vagabondare vi sembra di scorgere delle costruzioni all’orizzonte. O si tratta invece di formazioni rocciose? Vi appaiono maestose e friabili come un sogno.


Avvicinandovi, come spesso accade coi sogni, cercando di toccarli con mano, si mostrano per quel che sono: un altro, l’ennesimo, pugno di sabbia.

L’effetto Fata Morgana prende il nome dall’omonimo personaggio della mitologia celtica, reso famoso dalla leggenda di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Morgana attirava i marinai e i viandanti sull’isola di Avalon con visioni di fantastici castelli volanti e torri per ghermirli verso un oscuro destino.


Tale fenomeno, attraverso un complesso gioco di luci e temperature, distorce così tanto gli oggetti da renderli irriconoscibili agli occhi dell’ignaro osservatore. Tutto quello che ci appare “distante” viene così trasportato in un mondo di fantasia che inganna l’occhio umano e lo porta a credere nell’impossibile.


Potreste scorgere una nave librarsi nel cielo, o una montagna divenire stretta e toccare le nuvole. Potreste deliziarvi al pensiero di poter raggiungere finalmente un qualcosa (qualsiasi cosa) dopo giorni di cammino nel nulla.

È facile credere che un viaggio, fino ad allora privo di qualsiasi sorpresa, abbia tenuto in serbo un impatto così grande proprio alla fine.

Infatti, è tutto un gioco della nostra vulnerabile fantasia, una falsa promessa della nostra inguaribile propensione a sognare nelle difficoltà, che ci rende allo stesso tempo prede e carnefici di noi stessi: un miraggio.


Oppure potreste chiamarvi Burak Ylmaz, aver trascorso 35 primavere senza aver mai giocato fuori dalla Turchia, senza aver mai fatto registrare stagioni particolarmente interessanti, presentarvi in uno dei 5 massimi campionati europei vincendo il titolo di Francia con una partecipazione del 32% nei gol complessivi della vostra squadra, il Lille, che non ha neanche pagato il vostro cartellino per rimpiazzare la partenza di Victor Osimhen.

La storia di Burak Ylmaz, colui che gli uomini chiamano Kral (“Re” in turco), è come quel viaggio nel deserto. L’attaccante turco, che guiderà da capitano la sua nazionale nella partita inaugurale dell’Europeo 2021 contro l’Italia, è reduce dalla sua migliore stagione in assoluto.


Dai primi passi nei professionisti con l’Antalyaspor, alla nomea di giovane promessa su cui il Besiktas fu pronto a scommettere, le sue peregrinazioni tra le dune della Süper Lig sembrano trovare un’oasi nel Trabzonspor di Şenol Güneş, dove a partire dal 2010 si fa notare per due stagioni eccellenti per continuità di rendimento. Questo gli vale la chiamata del Galatasaray: con i giallorossi di Turchia si consacra Re in patria vincendo due campionati e raggiungendo anche i quarti di finale della Champions League 2012/2013 siglando 8 reti complessive nella manifestazione iridata e piazzandosi terzo nella classifica cannonieri, alle spalle dei soli Cristiano Ronaldo e Robert Lewandowsky.

Per capirci, è l’edizione dell’UCL che vede il ritorno della Juventus nell’Europa che conta; che serve il derby di Germania in finale tra Borussia Dortmund e Bayern Monaco; che consente a Robben di scacciare i fantasmi di tutta una carriera battendo Weidenfeller all’ultimo minuto, nella notte di Wembley.

Da quella, altre otto stagioni di notti stellate e sole bruciante, senza mai bere.

Ylmaz non ha completato quel percorso di crescita che ci si aspetta da un giocatore nel fiore dell’età e in rampa di lancio. Se ne va quindi in Cina nel 2016, nelle fila del Beijing Guoan. Rientra in patria per arrivare in scadenza di contratto con il Besiktas e trasferirsi, nella scorsa estate, al Lille.


È in questo preciso momento che la Fata Morgana, come cantavano i Litfiba, cambia ogni profilo all’orizzonte. Le nuvole si riversano sulla linea di osservazione e tutto ciò che hai di fronte viene consegnato alla dimensione dell’impossibile.


Nella stagione appena passata, il Lilla ha vinto il suo quarto scudetto, il primo dopo 10 anni. Il peso specifico di quella che si definisce senza mezzi termini una vera e propria impresa è dato dalla militanza in Ligue 1 del PSG dei cannibali, di Mbappè, Neymar, Di Maria. Con una sola lunghezza di distanza in classifica, Ylmaz e i suoi si sono laureati campioni di Francia.

Il Kral ha messo a segno 16 gol in 28 apparizioni in campionato, conditi da 5 assist e da una vastità di conclusioni propria di un attaccante di razza. Burak Ylmaz ha segnato dal dischetto, da calcio di punizione, da dentro e fuori l’area di rigore, con entrambi i piedi e di testa. Oltre ai numeri la sua partecipazione come centravanti di manovra che si abbassa per aiutare lo sviluppo del gioco offensivo e creare spazi, aiutando a unire i reparti, è stata fondamentale nel gioco dei Les Dogues.


Tra poche ore lui e il suo fedele compagno di scorribande anche al Lilla, Yusuf Yazici, saranno avversari degli Azzurri e forse non avremmo potuto trovare un esordio più ostico. La Turchia viene da un girone di qualificazione solido, chiuso alle spalle della Francia e senza sconfitte con i Blues negli scontri diretti.

Il CT è Şenol Güneş. Esatto, lo stesso Şenol Güneş che lo fece esplodere al Trabzonspor. Del suo capitano, il maestro ha detto: “E’ calmo e determinato. È come un’aquila pronta a colpire”.

Dei miraggi, dopo tutte queste chiacchere, ci resta la stessa informazione di sempre: non li puoi raggiungere, mai.


Ma se invece, per una volta, il pellegrino nel deserto potesse piegare la realtà al suo volere? Se il Re fosse spinto da un ardore così bruciante da riuscire a vivere nel miraggio?

Se quelle visioni di forme e torri, e castelli e rupi, non fossero uno scherzo ma il risultato di una caccia durata 15 anni di professionismo sbiadito?

È possibile che siano gli occhi dell’osservatore a desiderare di raggiungere l’orizzonte tanto da attrarlo a sé?

O sarà stato solo un altro Fata Morgana?


“Ho sete

Significa che sono vivo

Che importa se l'ultimo o il primo

Il cuore vuol battere ancora

Ancora

Oh, sabbia rossa e deserto

La sento negli occhi

In fondo ai miei occhi

Salire dal mare passando dal cuore”

Staremo a vedere.

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