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Ball don't lie: Portogallo - Francia

Immagine del redattore: Eugeni MarcoEugeni Marco

Aggiornamento: 31 mar 2021

Certe storie e certi destini sono portati ad incrociarsi e a realizzarsi nonostante qualsiasi ostacolo o interruzione, andando anche contro a quell'idea machiavellica secondo la quale "ogni fine giustifica il mezzo", frase dietro la quale si nasconde una totale devozione alla forza umana, capace di poter realizzare qualunque cosa. Se lo scrittore fiorentino però fosse stato presente il 10 luglio allo Stade de France, alla finale di EURO 2016, avrebbe sicuramente cambiato idea, in quanto quella partita ha dimostrato che al fato non si possa sfuggire e che a volte, anzi molto spesso, i mezzi non bastano se il Dio del calcio ha deciso che le cose devono andare in un certo modo.

A giocarsi la finale ci sono le 2 antitesi di quella edizione, la Francia padrone di casa che ha letteralmente demolito ogni avversario che le si è presentato di fronte, in grado di schierare un 11 iniziale qualitativamente fuori da ogni schema guidata da Antoine Griezmann, Paul Pogba e Dimitri Payet, che stava vivendo la stagione migliore della propria carriera, e che sarà l'antagonista di questo racconto. Dall'altro lato il Portogallo di Cristiano Ronaldo, che è riuscito a passare i gironi come miglior terza raccogliendo 3 punti in 3 partite, battendo poi la Croazia ai supplementari, la Polonia ai rigori e il Galles 2-0 in semifinale, la rivelazione del torneo. Il canovaccio della partita era ben segnato e definito, Davide contro Golia, in uno stadio dipinto di blu e carico di speranza come il giorno della decapitazione di Luigi XVI.

All'inizio la partita non si scosta dai binari immaginati, i primi minuti sono un dominio francese, senza però creare azioni realmente pericolose. A pochi minuti dal fischio d'inizio però Payet entra sulla caviglia di Ronaldo, in un fallo che aveva la palese intenzione di voler far male, Cristiano si rialza ma non ce la fa, e al 25° minuto viene sostituito in lacrime, il capitano e il cuore di una piccola nazione non poteva essere il faro dei propri compagni in una partita importante come questa, la dea bendata si era girata dall'altra parte, oppure aveva solamente in mente un piano più grande. Sostituito da Quaresma, il Portogallo non esce quasi mai dalla propria metà campo. Nel secondo tempo ci sarà qualche buona azione dei rossoverdi, ma al 90esimo si va ai supplementari, e si ha la sensazione che sì la Francia stia giocando meglio, ma che sia impaurita dalla possibilità di perdere un europeo in finale in casa, e che questo la freni e le impedisca di esprimersi al massimo delle proprie possibilità.

Nel mentre Ronaldo in panchina è diventato il nuovo allenatore della squadra e dispensa consigli ed accorgimenti a tutti i propri compagni. Ai supplementari la paura francese si fa sempre più insistente e il nervosismo fra i padroni di casa cresce, complice Guerreiro che fa tremare la traversa da una punizione. Partita che sembra destinata a decidersi ai rigori, come se un'eventuale sconfitta dal dischetto fosse una sorta di giustificazione per i transalpini, timorati del proprio popolo. Al 109' però il più improbabile degli eroi, Eder, riceve palla dalla trequarti e, dopo aver resistito alla carica di Koscielny, tira una palla rasoterra da fuori area che supera Lloris. L'incubo è servito, era come se i rivoltosi una volta davanti alla Bastiglia avessero voltato le spalle, ad un passo dalla gloria si materializza la tragedia. I portoghesi esplodono e gli 11 minuti seguenti non possono essere classificati come una partita di calcio, mentre Cristiano dalla panchina urla e piange allo stesso tempo cercando di dare la forza ai propri compagni per resistere alle ultime avanzate dei padroni di casa. Arriva il fischio finale, la Francia ha perso, si è dimostrata il più grande nemico di sè stessa, mentre la squadra avversaria privata del proprio uomo migliore a causa di un'azione meschina messa in atto da uno di loro, ha ricevuto le grazie di colui che muove i fili, regalandoci una pagina emozionante e indelebile di storia sportiva.

Un leader è veramente tale non solo se in prima fila con i soldati, ma anche se da lontano riesce a trasmettere il proprio credo. Cristiano Ronaldo una volta uscito ha infuso ai suoi compagni la stessa fame di vittoria che lo ha reso ciò che è, e allo stesso tempo gli dei hanno voluto premiare chi ha faticato e zoppicato, ma non ha cercato di indebolire gli altri per sentirsi superiore, a prova del fatto che, come disse Rasheed Wallace, "ball don't lie", la palla non mente signore e signori, prima o poi tutto andrà come deve andare.

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